Regionali, il “campo largo” di Letta non esiste: Conte e Calenda vogliono spartirsi il Pd
Enrico Letta il triangolo lo ha considerato: lui stesso, Giuseppe Conte e Carlo Calenda. Obiettivo: riuscire a realizzare alle prossime regionali del Lazio e della Lombardia quel “campo largo” rimasto lettera morta alle ultime elezioni politiche. Ma è facile solo a dirsi, per il semplice fatto che tanto Conte quanto Calenda considerano il Pd come una sorta di bottino da spartirsi quando sarà. Per questo faticano ad accoglierne le proposte, preferendo entrambi – seppur da lati opposti – contrapporre soluzioni, il cui scopo è costringere Letta a scegliere: o con l’uno o con l’altro. Vale anche per il Lazio e la Lombardia.
Il leader dem: «”Campo largo” in Lombardia e Lazio»
Il primo caso è, almeno sulla carta, più facile perché Nicola Zingaretti ha amministrato avendo i 5Stelle in maggioranza. E proprio per coinvolgerli anche alle elezioni Letta non disdegnerebbe di adescarli con un nome civico. Ma a guastare l’idillio e ad allontanare l’intesa arriva subito la proposta di Calenda di candidare Alessio D’Amato, attuale assessore alla Sanità. Non va meglio in Lombardia, dove il Pd vorrebbe riciclare Carlo Cottarelli mentre il solito Calenda è pronto a scommettere su Letizia Moratti, fresca di addio al centrodestra. Un nome che solo a pronunciarlo fa venire l’orticaria alla sinistra. Risultato: il “campo largo” continua a restare un’astrazione con scarsissime possibilità di riuscita.
E intanto il congresso si avvicina
Tanto più che se il sabotaggio di Calenda è palese, quello di Conte è molto più silenzioso. Sul Lazio, ad esempio, ha usato parole incoraggianti parlando di «comune e positiva esperienza», ma solo per gettarvi un secondo dopo un secchio di acqua gelida: «Non possiamo non tener conto di tutte le vicende degli ultimi mesi». Che significa tutto e niente, ma che di certo segnala un’indisponibilità di fondo a realizzare il “campo largo“. Il guaio è soprattutto del Pd che vede avvicinarsi il congresso senza stringere nulla in mano in tema di alleanze. Una prospettiva letale per chiunque dovesse sostituire Letta alla guida del partito. Ma è proprio quel che vogliono gli altri due lati dello strano triangolo.