Riccardo Muti, il patriota: “Amare l’Italia non è fascismo: a destra persone valide, la sinistra ha deluso”

10 Nov 2022 8:57 - di Marta Lima

“Amare il proprio paese e credere nelle sue grandi qualità. Difenderlo sempre a tutti i costi. Quando sto in Italia sono molto critico, ma quando sono fuori guai a chi dice una mezza parola contro”. Riccardo Muti, il maestro, il patriota, sposa la linea della difesa dell’Italia dal “fango” che dall’estero si cerca di tirare sul nostro popolo, spesso con la complicità della nostra sinistra, esalta il valore dell’Inno di Mameli, l’amore per la Patria, non manifesta alcun pregiudizio nei confronti del governo di destra, dal quale si aspetta buone cose, si dichiara deluso dalla sinistra che poco o nulla ha fatto per la cultura e si schiera a favore dell’italianità nei teatri, bacchettando l’eccessiva presenza di “stranieri”. Il grande direttore d’orchestra, in un’intervista alla Stampa, nonostante i continui tentativi del giornalista di fargli dire qualcosa contro i “fascisti” o contro la destra incolta, si sfila dalla bagarre politica e si allinea a una linea identitaria e di orgoglio nazionale che tanto infastidisce la sinistra globalista.

Riccardo Muti e la destra “che ha tante persone valide da proporre”

Superate le domande di carattere musicale, si passa alla questione delle donne e della “cancel culture“, su cui Riccardo Muti si era già espresso e oggi è quasi sprezzante: «Il Don Giovanni ma anche Le Nozze di Figaro o il Così fan tutte, se si continua ad insistere spesso erroneamente sul politically correct, sarebbero stati censurati. Il trattare le donne come oggetti è un delitto da sempre. Ma bisogna saper leggere i libretti dell’opera. Non ci interessa il Don Giovanni seduttore, che poi non seduce nessuna perché dice “mi van mal tutte quante”. Ci interessa il personaggio che vive nel disordine e crea il disordine». Si passa alla cultura e al merito, su cui il musicista ha le idee chiare: «Tutti dobbiamo partire dalla stessa linea, il contrario sarebbe un’ingiustizia. Poi chi è dotato dalla sua natura raggiunge traguardi più elevati. Questo è il merito. Ma il merito non può essere imposto per legge dall’alto».

“Troppi stranieri in Italia, c’è stata un’invasione nei teatri”

Anche sul tema dell’italianità, Muti ha una posizione equilibrata e non preconcetta. «A parte i miei 20 anni alla Scala e i 12 a Firenze, la mia carriera si è svolta tutta all’estero. Non posso e non devo quindi criticare le nomine degli stranieri. A Capodimonte, ad esempio, Sylvain Bellenger ha fatto un lavoro straordinario. Ma non mi capacito che ci sia stata questa invasione nei teatri lirici. C’è ancora una forma di servilismo antico, insito nell’italianità, di piegare il ginocchio allo straniero. Ci sono teatri in città, culle della cultura mondiale, dove il sovrintendente ignora la storia plurisecolare del teatro, del tessuto sociale e del popolo».

La cultura di destra e di sinistra…

Arrivano le domande politiche. Con la sinistra al governo da vent’anni, il giornalista della Stampa, giustamente, fa notare che “‘ partiti di destra sono stati meno attenti alla cultura” e gli chiede se con un governo di destra sarà ancora più bistrattata…

Muti incenerisce i tentativi di buttarla in politica dell’intervistatore, Federico Monga: «Ci sono uomini di cultura di destra validi. La sinistra ha avuto e avrà intellettuali ma in questi anni non ha fatto molto per la cultura diffusa. Tutte le mie critiche sono figlie di un periodo di conduzione da parte della sinistra. Non conosco il nuovo ministro Sangiuliano. Starò a vedere. Spero che sappia ascoltare i veri uomini di cultura non per ricevere ordini ma per raccogliere consigli». Ed ancora, l’allarme fascismo, su cui arriva un’altra doccia fredda sul giornalista della Stampa a caccia di scoop politici: «Non bisogna confondere destra con fascismo. Tutti siamo antifascisti, tutti siamo contro le dittature. L’arte non può sorgere o svilupparsi sotto una dittatura anche se dalle dittature sono nati germogli meravigliosi come contrasto. Lasciamoli lavorare. Noto in questi giorni un’eccessiva violenza. Antitesi e tesi sono allo stesso modo importanti a patto che si arrivi alla sintesi. Se fanno a cazzotti, ne soffre il popolo».

L’Inno di Mameli, al Patria e i valori nazionali di Riccardo Muti

Riccardo Muiti poi declina un’idea di patriottismo equilibrata e esente da strumentalizzazioni. Lei si era battuto perché l’Inno di Mameli, che chiude le trasmissioni di RadioRai, fosse suonato da un’orchestra italiana e non dai Berliner. L’Italia deve essere più nazionalista con la cultura?, gli viene chiesto.

E Muti: «Nazionalismo è una parola pericolosa se usata male. Dobbiamo puntare di più sulla nostra identità. Noi abbiamo bellezze, valori e genialità in tutti i settori. Per questo motivo dall’estero ci attaccano. Sono gelosi e invidiosi. Io patriota? Amare il proprio paese e credere nelle sue grandi qualità. Difenderlo sempre a tutti i costi. Quando sto in Italia sono molto critico, ma quando sono fuori guai a chi dice una mezza parola contro. Il patriottismo non ha nulla a che vedere con il nazionalismo e con il fascismo. Patria è una bella e importante parola perché deriva da pater. Bisogna vedere come la si usa. C’è stato un periodo che a parlare di patria e bandiera si veniva tacciati di fascismo. E nessuno suonava più l’Inno di Mameli. Poi con Ciampi l’inno ha ritrovato la sua giusta collocazione».

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