“Speedy Letta”: dalla gaffe con la Polonia allo sciopero-lampo annunciato sulla manovra…
Che cos’è l’attimo? Difficile definirlo. Qualcuno lo parametra sul tempo che a Napoli intercorre tra lo scatto della luce verde al semaforo e il primo colpo di clacson proveniente dal guidatore della seconda auto in coda. Una frazione praticamente impercettibile. Eppure tanta se paragonata al tempo atteso da Enrico Letta per mobilitare la piazza contro la prima manovra di bilancio del governo Meloni. C’è anche la data: 17 dicembre. A momenti il segretario del Pd l’annunciava a Consiglio dei ministri ancora in corso. Di solito, in questa materia tocca ai sindacati aprire le danze. Chissà, forse è un modo per replicare a chi lo accusa di non essere un fulmine di guerra: “Lo vedete? Arrivo sempre prima di tutti“.
Dopo il tweet sulla Polonia, Letta concede il bis
È stato così anche in occasione del missile ucraino caduto per errore in territorio polacco: mentre le autorità di mezzo mondo erano al lavoro per capire chi, cosa e quando, lui era già nella trincea di Twitter pronto ad immolarsi per la Polonia “invasa dai russi”. C’è da capirlo: da quando in molti hanno avanzato dubbi sulle sue doti di leader, Letta non perde occasione per cercare di smentirli. In tal senso, la manovra finanziaria del governo di centrodestra rappresenta ai suoi occhi un’occasione irripetibile. Tanto più che anche Giuseppe Conte ha gonfiato il collo per urlare contro quello che bolla come lo scippo del reddito di cittadinanza. E poiché entrambi sembrano convinti che chi tra i due arriva prima (ma dove?) vince, eccoli che ora si contendono il tweet più veloce, il post più fulminante, la piazza più urlante.
Ma la vera sfida è con Conte
Passi pure per Giuseppi, un tempo fiero del suo populismo. Ma Letta? Non era tra quelli sempre con il ditino alzato e il sopracciò inarcato pronto ad additare chiunque osasse pronunciare parole come “manifestazione“, “corteo“, “mobilitazione“? Bella forza: sai che gliene fregava della piazza a uno che governa a prescindere, quando non addirittura contro il responso delle urne. Ora che invece è all’opposizione, si rende conto che chi non risica non rosica. È un po’ come passare dalle stelle alle stalle. Che poi – a pensarci – non ci vuole niente. Un attimo, appunto.