Suicidio dopo il servizio de le Iene, Parenti: “Ci addolora, ma quella storia andava raccontata”

14 Nov 2022 20:40 - di Redazione

“Accogliamo tutte le critiche che ci hanno sollevato sul nostro modo di raccontare. Da allora non smettiamo di domandarci qual è il limite, come bilanciare il diritto a fare informazione su fatti importanti e il diritto alla privacy, anche quella di chi è responsabile di questi fatti”. Dopo il drammatico suicidio di Roberto Zaccaria, protagonista di un servizio de Le Iene su una storia di catfishing, l’autore del programma, Davide Parenti, ricostruisce la vicenda che scuote e addolora la redazione. Prendendosi la giusta dose di responsabilità per l’esito di un racconto mosso dalla volontà di svelare “la perversione di un meccanismo molto diffuso. Che fa leva sulla fragilità affettiva e psichica di chi ne cade vittima“.

Suicidio Zaccaria, Parenti fa mea culpa

“Due settimane fa scrive Parenti in una lettera alla redazione di Primaonline – abbiamo raccontato una storia di catfishing. Daniele, un ragazzo di ventiquattro anni si è suicidato dopo aver scoperto che quella che pensava fosse la sua fidanzata era invece Roberto Zaccaria. Un uomo di 64 anni.  Dopo il suicidio di Daniele, Roberto ha continuato a fare la stessa cosa con altri quattro ragazzi. È stato allora che siamo andati a chiedergli conto delle sue azioni, incalzandolo. Dal giorno seguente alla messa in onda – scrive l’autore delle Iene – il servizio è stato ripreso da trentuno giornali cartacei e online, due telegiornali, e ha spopolato sui social”. La storia era chiaramente di pubblico interesse – chiarisce. “Perché svelava la perversione di un meccanismo molto diffuso. L’abbiamo raccontata perché potesse richiamare ogni potenziale emulo alla gravità del gesto e alla sua responsabilità. Nel farlo, l’onda alimentata anche da chi ha ripreso il nostro lavoro è montata oltre ogni misura immaginabile. Tanto che nel piccolo paese dove Roberto abitava sembra che qualcuno gli abbia fatto trovare dei cartelli nei pressi di casa. Il sabato successivo al servizio, a quattro giorni dalla messa in onda, Roberto si è tolto la vita. Da allora – si legge nella lettera – non smettiamo di domandarci qual è il limite”.

“Accettiamo le critiche ma quella storia andava raccontata”

Sul servizio di Roberto – ammette Parenti che guida il gruppo da 26 anni  – continuo a interrogarmi. Così come le oltre cento persone che lavorano al programma. Con la nostra esperienza avremmo potuto essere più capaci di ‘sentire’ chi avevamo di fronte. Chi fa il nostro lavoro si muove sul filo sottile della libertà di cronaca, una funzione delicatissima. Ma è legittimo collegare il gesto di Roberto Zaccaria al fatto di essere stato incalzato dall’inviato de Le Iene? “Al nostro editore, come ad altri, il servizio non è piaciuto, ed è legittimo”, dice rispondendo a Piersilvio  Berlusconi, “Quello che facciamo può non piacere, è migliorabile. Siamo esseri umani. Ma la nostra libertà di farlo non è negoziabile col gusto di una platea, per quanto ampia”, aggiunge il patron de Le Iene. Che resta convinto che il servizio sulla morte di Daniele andava fatto meglio, ma andava fatto. “Così come andava fatto il servizio sul pallavolista Roberto Cazzaniga, su David Rossi, Chico Forti, DJ Fabo, il sangue iperimmune”, dice elencando le inchieste e i racconti più scomodi. “Cambieremo alcune modalità di approccio ai fatti e alle persone – conclude Parenti- ma non cambierà la nostra attenzione alla società, alla politica e la necessità di raccontarne storture e iniquità”.

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