Trappola, mossa disperata o piano per il negoziato? Le ipotesi sul ritiro di Mosca da Kherson
Sono molte e anche molto diverse tra loro le interpretazioni che vengono date all’inatteso gesto di Mosca che ha deciso di ritirarsi da Kherson.
Una mossa su cui, in queste ore, si sta dibattendo fra diplomatici, militari e analisti per capire cosa significhi e a cosa può portare.
L’annunciato ritiro della Russia arriva poche settimane dopo che il presidente Putin ha dichiarato che stava annettendo Kherson e altre tre regioni ucraine, nessuna delle quali era interamente occupata dalle forze russe. Il comandante delle forze russe in Ucraina, il generale Sergei Surovikin, ha descritto la decisione come difficile. Ha detto che le difese sarebbero state consolidate a est, concentrandosi dall’altra parte del fiume Dnipro rispetto a Kherson.
Volodymyr Zelensky sostiene di considerare “con molta attenzione” l’annuncio della Russia che prevede di ritirare le sue truppe dalla città meridionale di Kherson e ha chiesto ai suoi cittadini di essere cauti, dicendo che il loro nemico non ha distribuito regali e non ha fatto “gesti di buona volontà”.
Per il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, che sta mediando fra Putin e Zelensky, è un buon segnale, un passo positivo mentre il consigliere del presidente ucraino, Mikhailo Podolyak, ritiene che la Russia abbia come piano quello di trasformare Kherson nella “città della morte” e che “l’esercito russo mina tutto quello che può: case, fogne. L’artiglieria sulla riva sinistra (del fiume Dnipro) progetta di fare della città rovine”.
Secondo l’American Institute for the Study of War “le truppe russe sono entrate adesso preferiscono un ritiro organizzato delle truppe invece di cercare di fermare completamente la controffensiva ucraina”.
Per gli analisti americani, l’avanzata ucraina nella regione di Kherson, in corso da agosto, si è “probabilmente rivelata vincente e il ritiro della Russia dalla sponda occidentale del Dnepr non è certo una trappola mirata ad attirare le truppe ucraine in una difficile battaglia vicino a Kherson”, come suggeriscono alcune fonti ucraine e occidentali.
“Abbiamo preso nota dell’annuncio russo sul ritiro da Kherson. Dobbiamo vedere come la situazione si svilupperà sul terreno nei prossimi giorni – dice il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, al termine dei suoi colloqui a Palazzo Chigi con il presidente del Consiglio Giorgia Meloni. – Ma quello che è chiaro è che la Russia è sotto una fortissima pressione e se lascia Kherson sarà un’altra vittoria per l’Ucraina”.
E i militari cosa ne pensano? Secondo il generale Marco Bertolini, ex-comandante del Comando operativo del vertice interforze, l’annuncio russo del ritiro da Kherson “una mossa abbastanza significativa” che può essere spiegata con “tre opzioni”.
“Potrebbe trattarsi di un ripiegamento perché i russi sono in difficoltà a mantenere le forze sulla riva destra del fiume, un’area molto delicata – suggerisce Bertolini. – Dal punto di vista tattico potrebbe essere prodromico a cambiamenti di carattere operativo e non credo sia una mossa programmata da tempo, forse è dovuta al nuovo comandante delle forze in campo”.
Seconda ipotesi, prosegue il generale Bertolini, è che si tratti di una “concessione” nei confronti di Kiev in vista di un possibile negoziato rispetto al quale ci sono segnali da qualche tempo”.
Oppure, una terza opzione, aggiunge il generale, è che si tratti di “un piano di inganno per attirare le forze e poi colpirle”.
“Bisognerà aspettare i prossimi giorni o settimane per capire l’interpretazione autentica di questa che, in ogni caso, è una svolta”, dice, invece, all’Adnkronos il generale Leonardo Tricarico, presidente della Fondazione Icsa, ex-capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica.
Il generale Luigi Chiapperini, ex-comandante del contingente multinazionale Nato in Afghanistan, che fu impegnato anche nella missione Kfor in Kosovo ed è membro del Centro Studi dell’Esercito, interpreta la mossa di Putin come la “terza grave sconfitta”.