Ucraina, la minaccia di Medvedev: «La Russia non ha ancora usato tutte le armi di distruzione»
All’indomani della liberazione di Kherson e del ritiro delle truppe rosse, l’ex presidente russo Dmitry Medvedev, attuale vice capo del Consiglio di sicurezza della Federazione Russa, torna a fare la voce grossa e a lanciare minacce. «Mosca continuerà a riprendersi i territori russi e, per ovvie ragioni, non ha ancora utilizzato tutto il suo arsenale di possibili armi di distruzione. E non ha colpito tutti i possibili obiettivi nemici situati in aree popolate. E non solo per la nostra gentilezza umana. Tutto ha il suo tempo», ha scritto Medvedev su Telegram, aggiungendo, a proposito della ritirata i russi stanno «cercando di salvare il più possibile la vita del nostro personale militare e civile».
La ritirata da Kherson e le parole di Medvedev
Il ritiro da Kherson, secondo gli analisti, ha rappresentato un «danno significativo alla reputazione» della Russia in quanto era l’unica città capoluogo che era stata occupata dall’inizio dell’invasione. In particolare, a sottolinearlo è stato il ministero della Difesa britannico riportando l’ultimo aggiornamento dell’intelligence sul conflitto. Secondo Londra, inoltre, il ritiro della Russia da Kherson sarebbe probabilmente iniziato il 22 ottobre ed è «il riconoscimento pubblico delle difficoltà incontrate dalle forze russe» sulla sponda occidentale del fiume Dnipro.
Il post (sparito) di Dugin che evoca la destituzione di Putin
Intanto dalla Russia arriva la notizia che il filosofo Alexander Dugin, considerato l’ideologo della Russia putiniana, avrebbe evocato la destituzione di Putin dopo l’annunciato ritiro delle truppe russe da Kherson, ultimo rovescio militare della sempre più complicata invasione dell’Ucraina. Dugin, che nei mesi scorsi ha perso la figlia Darya in un attentato, avrebbe pubblicato un discorso infuocato su Telegram, cancellando il post poco dopo, secondo quanto riferito dal Mirror. Nel post Dugin avrebbe citato un passaggio dell’opera filosofica di James George Fraser Il ramo d’oro, in cui un sovrano viene ucciso dai suoi sudditi perché non è riuscito a far piovere durante un periodo di siccità.
Le parole di Medvedev non arrivano a Kherson: in strada si canta «Gloria all’Ucraina»
Dunque, è in questa cornice che vanno inserite le dichiarazioni di Medvedev, mentre a Kherson proseguono i festeggiamenti per la liberazione. Le immagini di Sky e la Cnn, fra le prime troupe internazionali ad arrivare in città, mostrano la gente in strada che agita bandiere ucraine, canta «Gloria all’Ucraina», abbraccia i soldati. «Ci sentiamo liberi, non siamo schiavi, siamo ucraini», ha detto alla Cnn una donna, indicata come Olga. «Eravamo terrorizzati dall’esercito russo, dai soldati che potevano arrivare in ogni momento a casa, la nostra casa, aprire la porta come se abitassero qui e rubare, rapirci, torturarci». Una giovane donna, avvolta in una bandiera, ha raccontato con voce rotta quanto siano stati «tempi duri per tutti». E poi ha chiesto di abbracciare il reporter, ringraziando «per il vostro sostegno, che abbiamo sentito ogni giorno».
Kuleba: «Stiamo vincendo battaglie sul campo. Ma la guerra continua»
«Stiamo vincendo battaglie sul campo. Ma la guerra continua», ha detto il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kouleba, a Phnom Penh, in Cambogia, dove è in corso il vertice Asean. «Capisco che tutti vogliono che questa guerra finisca il prima possibile. Certamente siamo quelli che la vogliono più di chiunque altro. Ma finché la guerra continuerà e vedremo la Russia mobilitare altri coscritti e inviare altre armi in Ucraina, continueremo ovviamente a contare sul vostro continuo sostegno», ha proseguito il capo della diplomazia di Kiev. Allo stesso vertice è presente anche il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov. Kuleba ha riferito che Lavrov non ha richiesto un incontro, chiarendo che se tale richiesta venisse presentata, l’Ucraina la «considererebbe a fondo, tenendo conto di tutti gli aspetti e della realtà sul campo».
Erdogan auspica di «contattare Putin entro due o tre giorni»
Kuleba ha quindi esortato la Russia ad «approcciarsi ai colloqui in buona fede», sottolineando che «ogni guerra finisce con la diplomazia», ma ribadendo che la Russia «non sta perseguendo sinceramente la via negoziale» e che «al momento, tutto quello che abbiamo visto è stato il tentativo della Russia di usare i negoziati come cortina fumogena per la sua continua aggressione sul terreno». «Se sentite qualcuno la sera a Mosca che parla di negoziati, state certi – ha commentato – che ci sarà un attacco missilistico la mattina successiva». Colloqui a breve potrebbero esserci invece tra il presidente turco Erdogan e Vladimir Putin. «Se posso contattarlo durante questi due o tre giorni, avrò l’opportunità di parlare con lui di ciò che pensa, di quali passi farà» la Russia, ha detto Erdogan durante un colloquio con i giornalisti che si trovavano con lui sul volo di ritorno dall’Uzbekistan, dove ieri è intervenuto al vertice dell’Organizzazione degli Stati turchi.