Dai simboli delle Br alle minacce alla figlia di Meloni: i minimizzatori si facciano un esame di coscienza

7 Dic 2022 16:30 - di Annalisa Terranova
minacce Meloni

Già due settimane dopo le elezioni politiche si era capito che tirava un’aria plumbea, dove odio ideologico, risentimento sociale e strumentalizzazioni politiche si mischiavano insieme allo scopo di delegittimare il governo di destra a guida Giorgia Meloni.

In principio furono i simboli delle Brigate Rosse sulle serrande del circolo FdI della Garbatella. Siglavano scritte contro Ignazio La Russa. Non ci fu scandalo. Anzi, su twitter i giornalisti di sinistra giustificarono quel linguaggio violento. Quei commenti furono dal Secolo riuniti in un servizio in cui si denunciava il ritorno degli eskimi in redazione. Poi ci furono gli striscioni con il nome di La Russa capovolto e il manichino di Giorgia Meloni impiccato a testa in giù a Bologna. All’università di Roma studenti di sinistra hanno cercato di impedire un convegno organizzato dagli universitari di destra ma anziché parlare di questo, furono sparse calde lacrime di commozione per le cariche della polizia.

Quindi si è passati dalla madre alla figlia: Giorgia Meloni se l’è portata con sé al G20 di Bali. Indignazione social e alzata di sopracciglio di femministe improvvisate. Furio Colombo dice che la bambina della Meloni è una privilegiata, mentre ci sono bimbi che annegano nel Mediterraneo. Abbiamo anche pacifisti che osservano che se le violenze colpiranno un Crosetto non c’è da strapparsi i capelli… Senza dimenticare il garbato striscione delle femministe: “Meloni, ti mangiamo il cuore”.

In mezzo a tutto questo bailamme arriva Saviano e dice: mi vogliono chiudere la bocca perché ho detto bastarda alla Meloni. E i giornalisti patinati, pietosi, gli fanno la ola: bastarda si può dire! Bastarda si deve dire! E’ libertà di espressione. E’ insulto intellettuale. Infine, ecco che ti arriva Giuseppe Conte, desideroso di togliere voti al Pd: “Siamo disposti a tutto – dice – per difendere il reddito di cittadinanza” ed evoca i moti di piazza.

Il risultato di quest’onda limacciosa è il rigurgito di odio di un miserabile di 27 anni, disoccupato di Siracusa, che sfoga le sue frustrazioni e il suo rancore sui social minacciando con un linguaggio infiammato e violento la premier e sua figlia. Utilizzava uno pseudonimo su Twitter, ma gli investigatori lo hanno rintracciato lo stesso. Non vuole che si tocchi il rdc: forse è uno dei “divanisti” che voleva restare inoperoso a spese nostre. Si vedrà.

Di certo la responsabilità delle cose vergognose che ha scritto – “Attenta che ti arriva un coltello in pancia a te a tua figlia”, “Quando poi vedi tua figlia in una pozza di sangue puoi piangere quanto vuoi” – è tutta sua, ma quei tweet guasti si inseriscono in un clima guasto, malato, risentito. Un clima che viene nutrito e alimentato anche da quanti dovrebbero conoscere il confine tra la tentazione della propaganda e il dovere della civiltà. Sarà bene fare una seria riflessione su questo (a meno che non giunga quel gran genio della Lucarelli a dire che Meloni fa il piagnisteo ma non è mica successo nulla di grave…).

 

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