Gigi D’Alessio, dalle liti con Pino Daniele allo zero dei critici a Sanremo: “Contro di me razzismo culturale”
E’ un Gigi D’Alessio sincero e modesto quello che si confessa oggi in una paginata sul Corriere della Sera, nella quale racconta i suoi inizi, la gavetta, le liti con Pino Daniele, il bel rapporto con Lucio Dalla, l’ostracismo dei critici del festival di Sanremo e la sua amarezza per quell’atteggiamento che lui definisce di “razzismo culturale”.
D’Alessio e i suoi idoli: Baglioni e Mogol
Il cantante napoletano racconta della sua amicizia con Eros Ramazzotti ma anche il fascino che Claudio Baglioni, musicalmente, esercitava fin da bambino su di lui. “Ogni notte mi addormentavo con le cuffie e le canzoni di Claudio nell’orecchio, poi arrivava mamma a spegnere lo stereo. Ero in fissa: mi compravo pure le camicie di jeans come la sua. A un concerto mi infilai dietro le quinte. Scambiandomi per un tecnico, mi chiesero di portargli il microfono, a momenti collassavo per l’emozione. Oggi siamo amici, cantiamo o spesso mangiamo insieme, ci divertiamo”.
Il pessimo rapporto con Pino Daniele, fino a quando…
Il rapporto c0n il grande Pino Daniele, racconta Gigi D’Alessio, fu molto difficile. I due non si “prendevano”, nonostante fossero nati a venti metri di distanza nel quartiere Santa Chiara. “I nostri genitori giocavano a carte insieme. Avevamo pure la stessa casa discografica, però non eravamo amici, anzi. Finché un giorno, nel 2008, Pino mi telefonò: ‘Prima che finiamo per litigare ci vulimme conoscere?’. E poi mi invitò al suo concerto. Mai preso tanti fischi come quella sera. Però da allora non ci siamo più persi, spesso passava il Natale a casa mia, tra risate e bicchieri di vino”.
Ed ancora, il “maestro” Mario Merola, le esibizioni ai matrimoni, un episodio clamoroso, quello di una sposa scappata con il testimone, portandosi via pure le buste con i soldi. “E alla festa è scoppiata la rissa. I parenti si sono presi a mazzate, volavano sedie e bottiglie, ce ne siamo scappati pure noi”.
L’amicizia con Lucio Dalla e i critici schizzinosi
“C’era un suo concerto e, in contemporanea, uno di Lucio Dalla, poco lontano. Davanti al teatro, con trenta centimetri di neve, si formò una fila chilometrica. A un certo punto arrivò pure Lucio. ‘Tanto da me non è venuto nessuno’. Grande Lucio, generoso. Parlava bene di me”, racconta D’Alessio, che si toglie qualche sassolino dalla scarpa con i critici.
“Li ringrazio, mi hanno dato la forza di non mollare. Quando sono andato a Sanremo, anno 2000, sembrava che fossi appena sceso dal barcone, contro di me c’era razzismo culturale, come se potessi cantare soltanto di vicoli e sceneggiate. Che poi in Non dirgli mai c’era una sola frase in napoletano. E oggi in molti conservatori la studiano come trattato di armonia. Per farmi volere bene dall’orchestra portai duecento sfogliatelle. Per me era come andare a Lourdes. In gara con Gianni Morandi, con Giorgia. ‘Sarò all’altezza?’. Nelle pagelle dei critici il voto più bello fu zero. Mi piazzai decimo. Però il lunedì successivo ero già disco di platino, restai per 54 settimane in classifica, di cui 13 al primo posto, vendetti 1 milione e 200 mila copie. Un attimo sei niente, quello dopo sei tutto. E di colpo tutti ti cercano, tutti ti apprezzano, da c… diventi cioccolata”.
L’incontro di Gigi D’Alessio con Maradona
“Nel 2013 – racconta ancora Gigi D’Alessio al Corriere – quando gli feci ascoltare la canzone Si turnasse a nascere – che parlava di quando diventi famoso e non sai più se le persone ti stanno accanto per affetto o per interesse – si mise a piangere. ‘L’hai scritta per me?’ In realtà era autobiografica…”.