Il “femminismo” della Meloni: «Le quote rosa non servono, spazio alle donne che meritano»
Esalta il coraggio di Sara, la scacchista iraniana che rischia la vita per affermare il diritto alla sua femminilità in un paese medioevale come l’Iran, ma anche quello delle tante donne che tutti i giorni lottano per affermare se stesse in una società maschilista in politica, nel mondo del lavoro, nella violenza e con l’incubo del femminicidio, fenomeno che ha costretto i linguisti a coniare un neologismo per enfatizzarne l’origine culturale barbara e machista.
La Giorgia Meloni di fine 2022, quella che oggi si è destreggiata nella conferenza stampa di fine anno, tra decine di giornalisti italiani e stranieri, è la stessa del 29 settembre, tre mesi fa, una vita, o un battito di ciglia. “Mi piace occuparmi di temi concreti, di cose irrisolte…”. E alla fine dei cinque anni di governo, spera di aver fatto il possibile per cambiare il Paese. “Mi fido dei miei alleati, ce la faremo”, annuncia, senza scrivere col sangue ma col tono acuminato della voce.
Oggi la leader di FdI è la stessa di ieri, forse solo più consapevole dei processi che può mettere in moto con la sua ascesa politica tutta al femminile in un mondo di dinosauri maschi. “Spero di riuscire a contribuire a una rivoluzione culturale, rompendo dei tabù che spesso ci siamo create da sole, dando forza alle donne per affermare se stesse oltre le quote, oltre i posti loro riservati dai maschi, nel segno dei loro meriti e delle loro conquiste, non certo per concessione di altri. Perché l’idea che noi donne giochiamo su un altro campo, rispetto a quello dei maschi, un’altra partita che ci esclude dalla vera competizione, nella quale si avanza per merito, non può più passare. Anche in politica, non può essere un uomo a decidere di voler fare un partito al femminile… Se vogliono competere le donne devono farlo a 360 gradi, non devono aspettarsi che nessuno gli regali niente…”, risponde a una domanda del Secolo d’Italia, dopo essersi augurata un ricambio al femminile anche nel PD ma senza andare oltre per non intromettersi nella dinamiche di un altro partito.
Meloni, dalle donne all’orgoglio di essere italiani
Tanta vita vissuta, sua, personale, nel viaggio che Giorgia Meloni intraprende nelle quasi tre ore di conferenza stampa alla Camera sui suoi primi tre mesi di governo, sotto lo sguardo del suo consigliere “principe” Giovanbattista Fazzolari e del ministro dei Rapporti col Parlamento Luca Ciriani, con i quali spesso scambia cenni di assenso. La Meloni ha voglia di parlare di tutto e si vede. Della sua affermazione ai vertici dello Stato, dopo la scalata al suo partito, ma anche delle tappe politiche che l’hanno portata a declinare, come in un libro stampato anni prima, le proprie idee su un’Italia moderna, libera, sicura, sovrana e orgoglioso della sua identità nel mondo. “Voi non potete immaginare quanta voglia d’Italia ci sia all’estero…”, racconta ai 45 giornalisti che le pongono domande sull’universo mondo. Giorgia Meloni, completo scuro tra piante di Natale rosse, prova a rispondere a tutti nel modo più esaustivo per evitare di cadere nella trappola della leader che censura, che sfugge al confronto. “Io mi sono formata alle assemblee universitaria, certo, qui è la mia prima volta, non è facile”, scherza, accanto al presidente dell’Ordine dei giornalisti Carlo Bartoli, che tiene la contabilità delle domande. “Ma finiranno prima o poi?”, chiede esausta il premier prima dell’ultima scarica.
Lo spirito di Paolo Borsellino nell’azione politica della destra
Nel suo bilancio, ci sono i temi economici, con la manovra approvata, il Pnrr portato a casa per il 2022, le misure fiscali, i progetti per dare alternative al reddito di cittadinanza, le riforme, giustizia, pubblica amministrazione, scuola, l’obiettivo “possibile” del semipresidenzialismo alla francese. Beve, tossisce, ride, poi si fa seria quando le chiedono se ha rinnegato lo spirito di Paolo Borsellino, e replica all’inviato di Marco Travaglio di leggersi le misure già approvate, come l’ergastolo ostativo per i mafiosi, o quando fa notare alla giornalista russa della Tass che sì, “la Russia ci manca, con i suoi artisti, letterati, e nessuno deve impedire loro di esibirsi in Italia” ma questo non significa che non si possa e debba ribellarsi all’idea che un Paese “possa invaderne un altro grazie alla superiorità militare”. Il premier sulla guerra ha le idee chiare e lo dice: la Nato e l’Europa devono procedere di pari passo, non c’è alternativa. E annuncia un possibile viaggio a Kiev, nel segno della solidarietà a Zelensky e al popolo ucraino. La giornalista russa storce la bocca.
Le stoccate a Conte e il tempo “cadenzato”
Di opposizione preferisce non parlare, ma in realtà la Meloni ne parla. E quelli in cui si inalbera un po’ sono i momenti in cui chiarisce di non aver bisogno di lezioni di legalità “da chi ha scarcerato i boss mafiosi con la scusa del Covid o ha fatto il condono a Ischia”, con riferimenti non casuali a M5S e Conte, mentre resta serena quando le chiedono del passato che torna e di cui lei dovrebbe vergognarsi: il Msi.
“E perché? E’ stata una forza democratica e ha contribuito a pacificare nel periodo degli Anni di Piombo…”.
Orgoglio, dunque, ma anche “filotimo”, perché il “viaggio” di Giorgia prosegue in Grecia, con un cronista ellenico che le chiede come mai abbia scelto quella parola per sintetizzare la sua filosofia tutta amore e onore che la Meloni ha enunciato in passato. “I testi classici sono i miei preferiti, io amo il vostro Paese”. Ma il tempo è poco, sia quello lineare che circolare, tanto cari a Platone e a Nitsche, su cui arriva la domanda del direttore dell’agenzia Vista Alexander Jakhnagiev. “Preferisco il tempo cadenzato, mi dò un obiettivo e non mi fermo fino a quando non l’ho raggiunto. O forse non ho capito la domanda?”, si scioglie nel primo sorriso di giornata. Il resto, è discesa.