La prima manovra di Meloni premier: riforme a piccoli passi e ambizioni da statista

28 Dic 2022 17:49 - di Carmelo Briguglio 
Meloni manovra

Seigneur, apprends-moi l’art des petits pas. Je ne demande pas de miracles ni de visions, Mais je demande la force pour le quotidien !”.  Si ispira a questa preghiera di Antoine de Saint-Exupery in “Le Petit Prince”, la prima legge di Bilancio di Giorgia Meloni ? Così, la vedo io. Ma non fidatevi: io vedo le cose a modo mio.

Ho mirato “de visu” lo sforzo mitopoietico – duro da calare in un atto che è contabile, ma politico come nessun altro – quando la premier dice al decennale del popolo suo: “Non guardo al consenso, ai sondaggi ma alla curva del Pil, dell’occupazione, della ricchezza, di quanti figli si fanno. Quando fra cento anni morirò vorrò essere sicura di aver fatto quello che dovevo per migliorare questa nazione”. 

Premier con ambizioni da statista 

Ah, Giorgia vuole il suo partito – che è di maggioranza relativa – come policy-seeking, per dirla con la scienza politica; non lo vuole vote-seeking, né office-seeking. Vuole costruire le politiche pubbliche, tracciare la strada, non accaparrare voti o prebende governative. O forse, più ambiziosa, prova di persona a fare il il paio con Winston o con Alcide o con quel Freeman Clarke, il padre vero di quella differenza – che fa “prossime elezioni o prossime generazioni” – tra politici e statisti, che mi sono scocciato a vedere schiaffata ovunque.

La filosofia dei piccoli passi

Va bene come lo dice lei. La filosofia minima dei “petits pas”, uno dietro l’altro. Si sarebbe detto una volta “riformista”; aggettivo da rivalutare, anche perché le rivoluzioni, tutte, sappiamo come finiscono. Piccoli passi. Da “conservative mind”. Verso molto, forse troppo, grande meta. Più cometa che meta, dico io. Ma ci sta: la premier fa bene a scommettere sull’abusata cosa che é l’”ottimismo della volontà”. Espressione che non é farina del sacco di Gramsci, ma di Romain Rolland, Nobel deluso da Stalin e Molotov. Usatela pure. Insomma, il Presidente getta sguardi e ventricoli  “oltre”. Giusto. Ci riuscirà ? Ha dalla sua il Tempo. Generoso: cinque anni. Invece, avaro e strozzino nel cucire la legge finanziaria. Non ci sono precedenti di governi che il Bilancio l’hanno scritto in un mese e approvato in due. 

Cantieri di discontinuità 

Cavolo, ci fosse uno a cui fosse scappato di bocca. Perché non dirlo ? Manco questo. Io conosco un paio di maestrucoli di finanziarie. Tra loro i cercatori di continuità: l’hanno scovata nel falò di 21 miliardi che riscalda l’inverno italiano. Altri nel quasi “price cup” europeo, rivendicato come successo nazionale. Allora, Meloni come Draghi ? Un po’ meglio, diciamo la verità. Il Tempo, col governo che c’è, ha avuto il braccino piu corto di quello che fu. Vuoi mettere ? Almeno questo. Entrature a parte dell’ex capo della Bce e noviziato della nostra prima donna premier: l’impegno taglia-bollette é stato mantenuto e Bruxelles ha dato disco verde ai conti Meloni-Giorgetti; qui è il punto politico. Indigesto a chi fa tifo contro. Il varco, dove erano attesi, è stato passato. Insieme ad “altro” rispetto all’esecutivo predecessore; un bel po’ di roba buona, anche a minime dosi, c’è: fa capire che si cambia; si comincia.

La legge di Bilancio è faticosa a leggersi. Ma si può. Si deve. Per capire. Spero lo faccia l’implacato Cerasa che, foglio dopo foglio, espone l’idea sua: alla Meloni fa premio fabbricare il contrario di ciò che predicava una volta; ora il direttore ha l’imbarazzo della scelta per convincersi del suo torto: più contante, più tagli al cuneo fiscale, più pensione ai più anziani, piu tassa piatta e più selezione e merito su reddito di cittadinanza, cultura e 110% edilizio. E ancora: più sconti Iva ai baby, assegni più pesanti a famiglie-plus, più soldi a terremotati e Protezione civile. Et cetera. Cantieri di discontinuità. Aperti, in fermento. 

Sono stati sparsi semi di egemonia e di visione

Molto “di più” si poteva fare, vocìano confindustriali e professionisti del no.  Invece, i “più” di mediano ceto e diverso sociale sono stati piantati. E semi di “egemonia”, di visione, sono stati sparsi. Segnali di vita del “destro” parlare, ci sono anche, detto tra noi. Senza eccedere nel pariniano “bituminoso e crasso”, a costo di qualche stop and go, come sul Pos. Occhei così. Adesso bisogna aspettare foglie, fiori e frutti. Aspettarseli. Perché aspettarseli – cioè auspicarli e fare la propria parte – oppure no, fa la differenza se si é patrioti o meno, sapete ? E non dimenticate Tocqueville: “Poiché il passato non rischiara più l’avvenire, lo Spirito avanza nelle tenebre”. Ecco, ci sono punti luminosi. Per andare; passo dopo passo, appunto.

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