La sfida di sottosegretari e viceministri di FdI ai boiardi di sinistra: “Spoil system necessario”

17 Dic 2022 12:16 - di Viola Longo
spoil system

Ciascuno per le proprie deleghe, ciascuno con il programma del proprio ministero, tutti accomunati dalla stessa visione e dalla promessa fatta agli italiani. Alla festa di FdI per i dieci anni del partito, è la giornata dei sottosegretari e dei viceministri. In nove si sono alternati sul palco, con tempi strettissimi per gli interventi. Come nel resto della kermesse il filo conduttore si dispiega dalle radici al futuro, spesso chiamando in causa di giovani, dell’Italia e del partito. Un altro tema però ha accomunato molti degli interventi: lo spoil system. Perché la politica non basta se nei ministeri si trova ostilità, se c’è chi rema contro, se chi c’era prima ha piazzato i propri uomini chiave nei posti strategici, se c’è ancora chi crede che la tessera del partito, magari cambiata all’ultimo momento, possa essere un lasciapassare o possa rappresentare un modo per bypassare la volontà espressa dagli italiani col voto, imponendo una visione che è stata bocciata.

La prima a prendere la parola è stata Lucia Albano, sottosegretario al Ministero dell’Economia e delle Finanze. Al centro del suo intervento c’è stata la necessità di riformare il rapporto tra Stato e cittadino in relazione al fisco. «Non è equilibrato», ha detto, ricordando come abbia una impostazione quasi da «sovrano e suddito», mentre l’obiettivo del governo è riportare gli italiani a essere cittadini, a non essere più guardati con sospetto, a non doversi più misurare con atteggiamenti ostili. Lo Stato deve invece diventare alleato del cittadino, offrire collaborazione. E per farlo serve non solo una rivoluzione fiscale, ma anche una rivoluzione culturale che coinvolga entrambe le parti.

È stato poi Claudio Barbaro, sottosegretario al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, a introdurre il tema dello spoil system, in seguito ripreso da diversi colleghi. Il sottosegretario, ricordando che la destra e la cultura conservatrice hanno tutte le carte in regola per parlare di ambiente e modificare l’impostazione ideologica adottata finora, ha parlato apertamente delle difficoltà incontrate nella macchina amministrativa del ministero, sottolineando che «nei limiti di quello che è consentito dalla legge, dobbiamo esercitare lo spoil system, altrimenti non andiamo da nessuna parte». Si tratta di un passaggio, ha chiarito, che non si può eludere se si vuole davvero rispondere al mandato ricevuto dai cittadini. Barbaro nel suo intervento ha anche ricordato figure come quella di Paolo Colli, che con Fare Verde ha dimostrato quale sia la cultura ambientalista di destra in un mondo animato da molte associazioni che se ne sono occupate negli anni, dai Gre a Ambiente e/è vita.

Fausta Bergamotto, sottosegretario al Ministero delle Imprese e del Made in Italy, è partita dal cambio del nome del ministero, che prima era dello Sviluppo economico, per sottolineare come il governo punti sul tessuto dell’economia reale italiana, sulle sue imprese per «dare valore a chi lavora e produce ricchezza, per liberare le forze produttive italiane e consentire alle imprese di svilupparsi e competere sia internamente sia all’estero». Un piano la cui cornice è la strategia industriale del Paese, che manca da troppi anni e che diventa quanto mai necessaria in un momento in cui anche l’Ue riconosce che la sfida al tessuto economico arriva tanto da Est quanto da Ovest, dalla Cina come dagli Usa.

Marcello Gemmato, sottosegretario al Ministero della Salute, ha ricordato che ora che «finalemente viviamo una fase post pandemica e il virus si endemizza, possiamo darci un orizzonte di governo della sanità senza questo mostro che ha colpito l’Italia e il mondo negli ultimi anni». «Dobbiamo ripartire da quello che non ha funzionato. In primis, il definanziamento e poi il contrasto alla desertificazione dell’assistenza territoriale sanitaria: nelle aree interne abbiamo interi Comuni che non hanno una traccia di sistema sanitario nazionale». «Nel disegno diabolico della sinistra c’è lo svuotamento delle aree interne, con l’obiettivo che tutti afferiscano nelle grandi metropoli urbane dove vanno a vivere in palazzoni spersonalizzati e dove, creando un ceto indefinito, senza cultura, identità e valori, sono più condizionabili».

Augusta Montaruli, sottosegretario al Ministero dell’Università e della Ricerca, si è rivolta ai giovani. A quelli di Azione Universitaria, dalle cui file proviene lei stessa, ma anche a quelli che protestano contro il governo, perché «hanno dimostrato che la destra brutta, cattiva e repressiva non esiste». «L’ultima volta che ho visto studenti repressi il ministro dell’Interno si chiamava Lamorgese», ha sottolineato, ribadendo che l’obiettivo del governo è lasciare alle spalle la regola dell’uno vale uno per fare spazio alle competenze, ai talenti, al tanto vituperato – a sinistra – merito. «Volete essere dei Toninelli?», ha chiesto Montaruli, chiarendo che «noi non vogliamo questo». Per evitarlo si passa dall’istruzione, da un orientamento precoce alle scelte, da un piano per le competenze e dal diritto allo studio.

Wanda Ferro, sottosegretario al Ministero dell’Interno, ha centrato il suo obiettivo sulla lotta alla mafia, ricordando la strage di via D’Amelio, che suscitò una «rivolta delle coscienze» e spinse molti italiani a scegliere da che parte stare. Quella parte che da sempre è il campo della destra, che non a caso come primo atto di governo ha confermato l’ergastolo ostativo. Il sottosegretario, quindi, ha indicato in Emanuela Loi, l’agente della scorta di Paolo Borsellino, che fu la prima donna della polizia italiana a ricoprire un incarico di quel genere, e Maria Rosaria Schifani, moglie di Vito, che con la Loi perse la vita nell’attentato, due esempi per il Paese. «Noi stiamo dalla parte del contrasto alle mafie, delle vittime, del rispetto del lavoro magistrati, del lavoro forze dell’ordine», ha chiarito Ferro, ricordando come l’attenzione del governo sia massima nella vigilanza sui fondi del Pnrr e rivolgendo un pensiero ai giovani del partito. A quelli di ieri, che con “arrendetevi siete circondati” circondarono il Parlamento contro la corruzione, e quelli di oggi, che portano avanti quel testimone di coraggio e fermezza.

Maria Teresa Bellucci, viceministro del Lavoro e delle Politiche sociali, ha avvertito che «noi combatteremo il mero assistenzialismo». «Noi non vogliamo delle persone schiave di uno Stato padrone e dico anche chiaramente – ha proseguito – che diciamo no al Reddito di cittadinanza, per come è stato pensato, gestito e attuato». Bellucci, quindi, ha ribadito che il governo, FdI e Giorgia Meloni non si faranno intimidire dalle minacce e della parole cariche di violenza e che continueranno sempre a perseguire la dignità dei cittadini attraverso il lavoro. «Noi ci batteremo per questo, perché vogliamo persone libere, indipendenti, capaci di mettere sulle proprie spalle la Nazione e portarla in alto. L’unica cultura che conosciamo è quella del lavoro, della libertà, della solidarietà», ha proseguito Bellucci, ricordando che il governo Meloni è il primo che ha assegnato una delega specifica sulle politiche sociali, a sottolineare l’importanza attribuita alla materia.

Galeazzo Bignami, viceministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, ha acceso i riflettori sull’arretratezza del sistema infrastrutturale italiano, che rappresenta un’ipoteca anche sul futuro e ha chiarito come l’obiettivo del governo sia superarla. Ma si è soffermato anche sul fatto che la condizione in cui si trova oggi l’Italia da questo punto di vista non è casuale. È, invece, il frutto della «volontà sistematicamente perseguita  da chi prima gestiva il potere di cedere asset strategici della nostra nazione». «Sapevano di non doversi misurare con la volontà popolare e li  svendevano a mercati, potenze straniere, salotti buoni interessati a fare affari», ha detto Bignami, chiarendo che «è bene che in Italia e all’estro si sappia che questo governo non cederà mai più gli asset strategici e impedirà che accada». Anche Bignami, quindi, ha lanciato un avvertimento ai tecnici, chiarendo che non c’è spazio per chi pensa che «la capacità tecnica sia cambiare tessera di partito». «Non venissero a trovarci», ha detto, avvertendo che anche per quelle figure «sceglieremo in base alla capacità di fare il bene dell’Italia».

Infine, Alessio Butti, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’innovazione tecnologica e transizione digitale, che è tornato anche lui con forza sul tema dello spoil system. Il suo predecessore, ha raccontato, poco prima di andare via «ha fatto un’informata di circa 150-200 tecnici, e noi non dovremmo fare spoil system?», ha chiesto, ricordando la qualità del personale che esiste fuori dai soliti apparati. Butti, quindi, ha chiarito che la digitalizzazione è materia da maneggiare con cura, che l’Italia oggi si trova in una posizione molto esposta poiché, in mancanza di strutture interne, per il cloud dei propri dati deve affidarsi a società statunitensi, che in base alla loro legge possono essere obbligate a fornire i dati che custodiscono al governo Usa. Il sottosegretario, inoltre, ha sottolineato la necessità di incrementare le competenze digitali della nostra pubblica amministrazione e ribadito l’esigenza di una rete pubblica nazionale per connettere l’Italia, ricordando che si tratta di un tema su cui FdI lavora da anni e sul quale quindi ci sono già solide per un’azione solida. Butti ha anche illustrato la volontà di dare vita a una legge annuale sull’innovazione, perché si tratta di una materia che attraversa molti settori e serve un denominatore comune, e di superare lo Spid per «avere la carta d’identità elettronica come unica identità digitale».

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