Lo scrittore De Giovanni lascia il comitato dei saggi del Pd: discussioni ombelicali che non portano a nulla
17 Dic 2022 15:59 - di Vittoria Belmonte
Lo scrittore Maurizio De Giovanni non farà più parte del comitato di 87 “saggi” creato dal Pd per riscrivere il proprio Manifesto dei valori. Era uno dei fiori all’occhiello dell’iniziativa, voluta da Letta e Speranza. E ora, dopo tre settimane, si tira indietro. “Tempi elefantiaci e troppe persone coinvolte”, spiega De Giovanni in una intervista al Fatto.
De Giovanni: struttura elefantiaca per creare il nuovo manifesto dei valori
“Avevo capito che un piccolo gruppo di persone, peraltro esterne al Partito democratico, avrebbe dovuto delimitare il perimetro dei principi e questa sarebbe stata la base poi per un lavoro più ampio interno al partito. Mi immaginavo 20 o 30 persone, non certo 87. Anche perché poi sono stati creati quattro sotto-comitati divisi per temi. Insomma, una parcellizzazione del lavoro che implica una modalità molto più elefantiaca di quel che avrei voluto. Non solo: come posso mettere il mio nome sotto a un documento condiviso a cui però ho contribuito soltanto per un quarto, cioè per il sotto-comitato al quale mi sono iscritto?”. Queste le ragioni del suo tirarsi indietro.
La delusione di De Giovanni alle prime riunioni
Lo scrittore è rimasto deluso fin dalla prima riunione. “Si è avuto il chiaro metro di come sarebbero andate le cose. Io sono a disposizione anche di notte per dare una mano concreta, ma se dev’ essere la solita discussione ombelicale che non porta a nulla, allora non fa per me”.
Il Pd ha imboccato un piano inclinato
Una delusione, racconta Libero, confessata già lo scorso 12 dicembre nell’auditorium dell’Ara Pacis a Roma, presentando il libro della sua amica Paola De Micheli, candidata alla segreteria del partito. In quell’occasione “De Giovanni si era definito «un elettore di sinistra disgustato» dal «piano inclinato» preso dal Pd. Diceva che «per la prima volta in maniera netta i ricchi hanno votato a sinistra e i poveri a destra» e lamentava che quello che una volta era il partito dei lavoratori fosse diventato «il partito dell’apparato, dell’establishment»”.