Natale, femen urinò sull’altare: per la Cedu era suo diritto. Veneziani: «Ma che mondo è?»
Profanò una chiesa, urinando e mimando un aborto sull’altare con tanto di pezzi di carne a rappresentare il feto. Per quel gesto, offerto al seguito di giornalisti e fotografi che portò con sé nella Chiesa di Santa Maria Maddalena a Parigi, la femen Eloise Bouton, fu condannata dalla giustizia francese, che, non avendo una norma specifica sul vilipendio della religione, la sanzionò per l’«esibizione sessuale»: Bouton, infatti, per la sua protesta abortista, si presentò a seno nudo (ma con un velo azzurro come quello della Madonna in testa). La femen non ci volle stare e, dopo la conferma della pena di un mese di carcere e qualche migliaia di euro di multa in tutti i gradi di giudizio in Francia, presentò ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Che non solo l’ha assolta, ma ha anche previsto un risarcimento di quasi 10mila euro per danni morali da parte della Repubblica francese, che ne avrebbe violato il diritto alla libertà d’espressione. «Ma che mondo è?», si domanda ora Marcello Veneziani.
La profanazione della femen: «Il Natale è cancellato»
La vicenda, iniziata il 20 dicembre del 2013, si è conclusa lo scorso ottobre, ma torna oggi d’attualità per la ricorrenza dell’anniversario e per il fatto che coincide, non a caso, col Natale. La femen, infatti, scelse quella data volutamente, sottolineandola con una scritta sul ventre che recitava «Il Natale è cancellato». A ripercorrerla è stato Marcello Veneziani su La Verità, in un pezzo intitolato «Se la Madonna diventa uno spot per l’aborto», richiamato in prima con il titolo «La Cedu abortisce Gesù e cancella il Natale». «D’ora in poi, seguendo le direttive dell’Europa e della sua Corte suprema, anziché celebrare la nascita di Gesù bambino, faremo meglio a celebrarne l’aborto, nel nome dei diritti della donna. E la cancellazione del Natale, grado supremo della cancel culture, con il patrocinio della massima corte europea», scrive Veneziani, indicando in quell’episodio «il senso peggiore del nostro tempo».
Veneziani: «Ma che mondo è?»
«Risarcita ed elogiata, con tante scuse dell’Europa», prosegue il giornalista, ricordando che «in verità la stessa corte europea, in sigla Cedu, si era pronunciata in precedenza in modo assai diverso, anzi opposto: una donna aveva equiparato il rapporto sessuale di Maometto con Aicha che aveva allora nove anni, a una forma di pedofilia. La Corte in quel caso riconobbe colpevole la donna di “dolosa violazione dello spirito di tolleranza” perché alimentava un pregiudizio che attentava alla pace religiosa. E la condannò a una pena detentiva e pecuniaria». «Un Paese e un continente per millenni cristiano, unito dalla civiltà cristiana, assolve chi profana in chiesa Gesù Cristo e condanna chi in luogo laico offende la suscettibilità degli islamici. Ma che mondo è?», si domanda quindi Veneziani.