Padre e madre restano sulla carta d’identità: no del governo a “genitore 1” e “genitore 2”
Madre e padre non saranno pensionato a favore di “genitore 1” e “genitore 2”. La conferma che sulla carta d’identità elettronica resterà la dicitura che indica chiaramente i genitori, così come stabilito dal decreto Salvini del 2019, è arrivata dal ministro della Famiglia Eugenia Roccella. Il ministro ha spiegato che la sentenza del 16 novembre, che aveva dato il via libera all’indicazione neutra e intorno alla quale «si è fatto tanto rumore», è «individuale, dunque vale per la singola coppia che ha fatto ricorso».
Sulla carta d’identità resterà scritto padre e madre
Insomma, la legge non cambia e con essa non cambiano né i moduli né il documento sul quale, «rimarrà scritto madre e padre», ha spiegato Roccella a Repubblica, che oggi ha dato la notizia della decisione dell’esecutivo, assunta in particolare dal Viminale e dal ministero della Famiglia, parlando nel titolo di «schiaffo ai genitori gay». In realtà, da subito il governo aveva spiegato che la sentenza del Tribunale di Roma «presenta evidenti problemi di esecuzione e mette a rischio il sistema di identificazione personale», annunciando che quindi l’avrebbe esaminata «con particolare attenzione». «Mamma e papà, le parole più belle e dolci del mondo, non si toccano», ha commentato sui social, Matteo Salvini, mentre FdI ha ricordato sulle proprie pagine come la scelta di mantenere padre e madre sia «una battaglia di buon senso», a difesa dei diritti dei minori.
Una «battaglia di buon senso» a tutela dei diritti dei minori
La notizia è stata accolta con una reazione scomposta da Gaynet, che ha parlato di «gogna» per i figli delle «famiglie arcobaleno» e di «familismo grottesco e fuori dal mondo». A dare manforte a questa lettura è arrivata anche la Cgil, che ha manifestato «preoccupazione e sconforto», per una violazione di diritti di minori e coppie omosessuali e del «principio di uguaglianza».
Ci ha pensato, però, Pro Vita & Famiglia a ricordare ciò che troppo spesso si tace intorno al riconoscimento anagrafico delle “famiglie arcobaleno”. «La legge riconosce che i figli nascono solo da un uomo e da una donna, sbarrando la strada a derive ideologiche e anti-scientifiche, che vorrebbero legittimare le adozioni per coppie omosessuali o pratiche disumane come l’utero in affitto», ha sottolineato il portavoce della onlus Jacopo Coghe, ricordando che riconoscere termini diversi da padre e madre significa di fatto aprire uno spiraglio a pratiche che la legge non riconosce proprio perché mira a tutelare i diritti dei minori e dei soggetti più deboli.