Pd, Elly Schlein alla resa dei conti: all’incontro sul Congresso s’incarta sulla supercazzola del “cambiamento”
Elly Schlein non si schioda dalla fase costituente. Non sa che pesci prendere (sardina a parte). E nel Pd in crisi nera e da tempo – ossia, come rileva il sondaggista Antonio Noto «non solo ascrivibile allo scandalo del Qatar», di recente acquisizione – Elly Schlein torna a parlare a colleghi ed elettori – a metà strada tra il fronte dei “delusi” e la trincea dei “cambio partito” – invocando sempre e solo un “cambiamento”. E dopo aver incassato l’appoggio del caposardina Mattia Sartori, che entra nel Pd per sostenerla. Ha chiesto a Francesco Boccia, attuale responsabile enti locali nella segreteria di Enrico Letta, di diventare il coordinatore della sua mozione al congresso.
Elly Schlein inchiodata sulla fase costituente…
Tutto cambi, perché nulla cambi insomma. E così, la candidata in pole position alla segreteria del Partito democratico, entra nel vivo nella vexata quaestio di correnti, dissidenti e critici dem, in clima di scioglimento, tra idee fallimentari, neologismi tattici, e supercazzole, sembra puntare all’alleanza organica con il Movimento 5 Stelle, di cui Boccia, al seguito di Michele Emiliano, è stato uno dei primi e più accesi sostenitori. Tutto nel tentativo disperato di risollevare le sorti di un partito alla resa dei conti interna e alle prese con un duro faccia a faccia con gli elettori.
Schlein all’incontro sul Congresso Pd: «Costruiamo un nuovo partito»
E così, all’incontro sul Congresso Pd al Nazareno, esordisce con un cautelativo: «Non siamo qui per una resa dei conti identitaria ma per una operazione più difficile, costruire insieme il nuovo Pd, salvaguardare il pluralismo ma senza rinunciare a una identità chiara e comprensibile». Insomma, ridare forma compiuta e slancio politico a un blob sempre più indistinto nella molteplicità di voci critiche (come quella di Gori, per dirne una). E di auto-esiliati che hanno annunciato di guardare le operazioni dall’Aventino del loro rifiuto di andare a voltare alle primarie (come Rosy Bindi per dirne un’altra).
«Cambiare partito nelle forme per dare più voce a comunità democratica»
Così, in un ecumenico e generico appello alla condivisione, la Schlein dal pulpito della sua candidatura tenta di arringare la platea del Nazareno, esortando tutti a «cambiare insieme il Pd nelle forme. E a dare più voce alla base». Perché – si è affrettata ad aggiungere l’esponente dem – non ci serve un partito di eletti. Né di correnti. Ma dobbiamo dare voce alla comunità democratica». Una comunità a rischio implosione, al cui interno i più vedono nella candidatura di Bonaccini maggiori possibilità di evitare botti e tonfi.
Pd, Elly Schlein: «Il mondo è cambiato, dobbiamo cambiare anche noi»
E soprattutto, su cui incombe la minaccia che sfida l’ambizione di voler ridare forma a una creatura al momento acefala e senza capo né coda. «Il mondo è cambiato e dobbiamo cambiare anche noi», tuona allora Elly Schlein tra disperazione e cuore impavido. Poi prosegue: «Io sono una nativa del Pd. Siamo figli di una cultura politica ibrida che ha molta fame di allargarsi ai cambiamenti sociali, con la gentile e ferma convinzione di aver qualcosa da dire. E trovare chi ha voglia di dirla insieme a noi». estendendo progettualità e responsabilità a tutti i componenti del Pd, ai quali dal palco manda a dire: «Non dobbiamo perdere l’ambizione di fare sintesi tra culture diverse. Ma anche avere il coraggio di dire che quelle intuizioni sono rimaste incompiute».
Pd, il messaggio degli elettori non è ancora stato metabolizzato?
Quindi, rivolgendosi soprattutto alle prime file della sala. Al segretario del Pd Enrico Letta e ai candidati alla segreteria del Pd – Stefano Bonaccini e Paola De Micheli – Elly Schlein in vista del Congresso del partito, a parte dirsi d’accordo sul «proseguire la fase costituente anche oltre il congresso», torna solo ad evocare il “cambiamento”. E a invocare «una sintesi che metta al centro quello che è rimasto indietro: dal clima al lavoro. Le armi, a sua detta, con cui insinuarsi nella battaglia (appena persa alle urne. Come nell’ultimo decennio di governo del centrosinistra), contro l’esecutivo. E con cui ri-accreditarsi agli occhi degli elettori, passati a guardare Giorgia Meloni e alla sua squadra di Palazzo Chigi. Ma il messaggio sembra ancora tutt’altro che metabolizzato…