Pd, tormentone senza fine. Anche Calenda li sfotte: «In piazza hanno portato quattro gatti»
Il problema non è tanto come va a finire ma da dove cominciare. Il congresso del Pd sta diventando un tormentone senza né capo né coda. A restare oscura è la materia del contendere, a conferma che la causa della crisi è molto più profonda di quanto non pensino gli stessi protagonisti. Sappiamo, ad esempio, che se Stefano Bonaccini è la voce del partito del territorio, Elly Schlein è l’incarnazione di un non meglio definito movimentismo. Ma in che cosa divergano concretamente le due impostazioni. non è dato sapere. Più chiaro appare il tormento degli ex-Popolari, drammatizzato ieri da Pierluigi Castagnetti con la evocazione di una scissione se il Pd «cambia natura».
Sul congresso Pd l’ombra della scissione
E proprio a lui sembra replicare Goffredo Bettini dai microfoni di RaiUno: «Scissioni? C’è un congresso e chi perde non s’ingrugna… Io ho in testa un nuovo partito della sinistra ma sui candidati non voglio fare nomi. Io non “timbro” nessuno. Lo farò a ridosso delle primarie». Ma anche le parole pronunciate da Andrea Orlando alle celebrazioni per i 126 anni dell’Avanti! riconducono allo scontro con gli ex-Ppi. «Non c’è altra strada che la rivendicazione della tradizione socialista», argomenta l’ex-ministro. Proprio quel che Castagnetti non voleva sentirsi dire. In parallelo alle dispute sui massimi sistemi, proseguono anche i posizionamenti interni. La Schlein ha cooptato Francesco Boccia chiamandolo a «coordinare le relazioni politiche della nostra mozione». Richiesta accettata.
Nardella: «Cambiare tutto o perire»
Sul fronte opposto, è invece un vero e proprio allarme quello lanciato da Dario Nardella, sindaco di Firenze e coordinatore della mozione-Bonaccini. «Il Pd – sostiene – è in una situazione di oggettiva difficoltà dalla quale si può uscire con un cambiamento radicale dei gruppi dirigenti a tutti i livelli. Ci vuole davvero un partito completamente e radicalmente rinnovato, altrimenti non ce la faremo». E che la prospettiva dei dem sia assolutamente deprimente è certezza rilevata anche da Carlo Calenda, che si diverte a lanciare sale sulle ferite del suo ex-partito, infierendo sulla scarsa partecipazione popolare alla manifestazione indetta tre giorni fa da Letta contro la manovra del governo. «Sulla legge di bilancio ci si confronta – spiega il leader di Azione – e non si fa opposizione piazzaiola anche perché, come abbiamo visto, nella piazza del Pd l’altro giorno ci stavano quattro gatti».