Povero Verdi: la “Traviata” a Como diventa trans e usa i frustini sadomaso. Rivolta e fischi del pubblico

5 Dic 2022 10:52 - di Monica Pucci

La Traviata in versione trans, secondo il regista Luca Baracchini, che l’ha mandata in scena al teatro Ponchielli di Cremona e poi al Sociale di Como incassando fischi e urla di disapprovazione, in questi tempi di “politicamente corretto” ci sta tutta. Anzi, è in bel messaggio, a prescindere dalla “violenza” inflitta all’autore dell’opera, non proprio l’ultimo fesso, tal Giuseppe Verdi.

La Traviata rivista in chiave trans con frustini e scene bondage

“V’è nella morte finale nulla di edificante, né di romantico, ma solo uno specchio crudele e desolante; non c’è un dramma borghese della comune morale, ma una tragedia intima dell’essere umano, ‘malato’ di pregiudizio al punto di farne egli stesso opinione di sé. Violetta non muore rivendicando orgogliosamente la propria identità, ma incarnando quell’aspettativa sterile e ipocrita che le ha rovinato l’esistenza; si strugge ma non combatte, pare quasi alla ricerca di un meritato martirio che la riscatti dalla colpa. Decidi tu, amico Spettatore, se una colpa esiste o esiste solamente un pregiudizio che siede in poltrona insieme a noi”, scrive Baracchini nell’introduzione del suo lavoro, che prosegue la sua tournée nel Bresciano. I pregiudizi, dunque, sono il problema di chi non capirà, come gli spettatori dei teatri di Cremona e Como che secondo i giornali locali non avrebbero preso benissimo quelle varianti “gender” e “sadomaso” di Violetta, frustini compresi.

I fischi del pubblico per una provocazione sterile

“Questa produzione di Traviata sembrava destinata a scandalizzare e far discutere parecchio. Alla fine l’obiettivo è stato – parzialmente – raggiunto: Traviata si è conclusa con un’ampia contestazione indirizzata alla regia di Luca BaracchiniFischi, buuh e vergogna dal loggione alla platea, espressione di un pubblico che mal tollera la piega meramente provocatoria che spesso talune regie operistiche finiscono per assumere…”, scrive La Provincia di Cremona.

“Violetta passa quasi l’intera opera in compagnia di un suo alter ego mimo che in modo eloquente, ma non troppo efficace, esprime questo conflitto fra la registica Violetta-uomo e quella femminile. E fin qui ci sta tutto. Non fosse che il coro di zingarelle e mattadori si è trasformato in un festino a base di frustini, di avances fra uomini, di bondage con tanto di maschera con le corna…”, proseguono le cronache sulla Traviata trans.

La difesa del regista: “Volevo fare un Verdi contemporaneo…”

Il regista Luca Baracchini, alla Provincia di Cremona, non ha rinnegato la sua “provocazione”, anzi, l’ha rivendicata. “Verdi si sente profondamente italiano, ma è anche un anti-italiano che mette in evidenza le contraddizioni e le ipocrisie della società del suo tempo, in particolare della borghesia molto bigotta. Allo stesso modo questa Traviata racconta la realtà e la società contemporanea, una realtà e una società con cui vale la pena confrontarsi perché è in questa società e in questa realtà che tutti noi viviamo”.

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