Reddito di cittadinanza, i furbetti sono 1 su 4: i dati Inps sono la pietra tombale sui piagnistei

10 Dic 2022 12:20 - di Luciana Delli Colli
reddito di cittadinanza

Uno su quattro «ci prova» e in molti ci riescono. I dati dei controlli Inps e Guardia di Finanza sui percettori di reddito di cittadinanza dicono, infatti, che i furbetti sono poco meno del 25% di quanti inoltrano domanda e che, solo nei primi cinque mesi del 2022, ovvero dal primo gennaio al 31 maggio, sono stati percepiti indebitamente 171 milioni di euro. Ammontano poi a 117 milioni i sussidi chiesti senza titolo nello stesso periodo e non ancora riscossi. Il totale tra soldi sborsati e richiesti fa 288 milioni di euro su partite illecite. Se lo sguardo si allarga ai primi dieci mesi del 2022, ovvero fino a ottobre, emerge che «su circa 1.290.000 domande pervenute nei primi dieci mesi del 2022, oltre 290.000 sono a rischio».

Il quadro che emerge dai controlli Inps: i furbetti del reddito di cittadinanza sono 1 su 4

La buona notizia è che da un po’ di tempo a questa parte l’Inps, con il sostegno della GdF, ha intensificato i controlli. E così sono emersi in maniera più massiccia i casi di chi ha chiesto o ottenuto il sussidio, lavorando in nero, avendo ricevuto eredità, vantando proprietà immobiliari all’estero o un discreto parco auto in garage, avendo carichi penali. Il risultato di questa stretta, della quale dà conto Il Messaggero con un focus nelle pagine di economia, è stato il no a 240mila richieste, vuoi perché contenenti dichiarazioni false, vuoi perché chi le ha avanzate non risiedeva in Italia, vuoi per informazioni fasulle sull’occupazione dei familiari. Altre 50mila erogazioni, poi, sono state sospese in attesa di ulteriori verifiche.

Verifiche più serrate attivate negli ultimi mesi

«Quando i nostri sistemi rilevano domande che presentano elementi di rischio, le istanze vengono immediatamente respinte dalla procedura che gestisce la misura, ovvero sospese nei casi in cui si rendano necessari ulteriori approfondimenti, comunque sempre in via preventiva rispetto al pagamento del beneficio», ha spiegato l’Inps, mentre è Francesco Bisozzi, che firma l’articolo, a ricordare che «i controlli sono stati per anni deboli anche a causa di convenzioni mancanti con il ministero della Giustizia e non solo. Qualcosa tuttavia si è iniziato a muovere negli ultimi mesi», a partire dalle verifiche sulle fedine penali e sulle automobili.

Una platea di 2,33 milioni di percettori e una spesa di 8 miliardi solo quest’anno

Più complessi restano, invece, i controlli sui beni all’estero. Il reddito di cittadinanza e la pensione di cittadinanza vanno attualmente a 2,18 milioni di cittadini italiani, a 204mila extracomunitari con permesso di soggiorno e a 83mila cittadini europei. Dunque, una platea totale di quasi 2,5 milioni di percettori, dei quali quelli che percepiscono il reddito di cittadinanza sono 2,33 milioni. L’assegno medio mensile su base nazionale è di 552 euro, che fa un totale di 600 milioni; complessivamente, quest’anno il reddito di cittadinanza è costato 8 miliardi, da quando è stato introdotto i miliardi spesi sono stati 25.

Per gli occupabili «la pacchia è finita»: la stretta del governo sul reddito di cittadinanza

È in questo contesto e in queste cifre che va dunque inquadrata la decisione del governo Meloni di mettere mano al provvedimento, intervenendo su chi potrebbe lavorare e non lo fa. Ancora stando ai dati riportati dal Messaggero,  si parla di circa 660mila persone, delle quali però secondo i numeri dell’Anpal, l’Agenzia nazionale politiche attive lavoro, la metà non si è premurata neanche di sottoscrivere il patto per il lavoro. Una «pacchia», come ha avvertito il premier, che «è finita»: il governo, prima di mettere mano a una riforma complessiva, ha scelto di dare spazio a un periodo cuscinetto per consentire una transizione non traumatica, ma da settembre gli occupabili che rifiuteranno un’offerta di lavoro congrua non riceveranno più il sussidio. Secondo i calcoli del ministero dell’Economia, si tratta di una platea che costa allo Stato 180 milioni di euro al mese per un totale di oltre oltre 2,15 miliardi di euro l’anno.

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