Sangiuliano: l’italiano è anche strumento di integrazione
L’italiano deve diventare un tratto caratteristico, ma anche di integrazione per chi viene nel nostro Paese”, dice. Ricordando che la consacrazione della lingua nazionale è in molte Costituzioni di gran parte dei Paesi, non solo europei. “Già il presidente Meloni presentò una proposta in tal senso. Poi, naturalmente, la riforma va armonizzata con le riforme a cui sta lavorando il ministro Casellati”. La lingua – spiega Sangiuliano – è l’anima della nostra nazione. il tratto distintivo della sua identità. Il secolo scorso insigni studiosi del calibro di Croce, Gentile, Volpe hanno a lungo argomentato sul fatto che l’Italia sia nata molto prima della sua consacrazione statutaria e unitaria.
“L’Italia nasce attorno alla lingua di Dante”
“L’Italia nasce attorno a quella che fu definita la “lingua di Dante”. Una delle opera più importanti di Antonio Gramsci è “Letteratura e vita nazionale”. “Dove – chiarisce il ministro della Cultura – l’intellettuale pone con chiarezza il tema dell’unità organica tra letteratura e lingua nazionale da un lato, e lo sviluppo della nazione italiana dall’altro”. La grande Italia del Rinascimento si realizza, teorizza Giuseppe Prezzolini, grazie alla lingua comune”.
L’Accademia della Crusca deve avere poteri giuridici
Già nell’articolo 62 dello Statuto albertino si riconobbe la lingua italiana come quella ufficiale nei lavori parlamentari. Accanto all’introduzione della lingua italiana in Costituzione, che richiede tempi lunghi, Sangiuliano pensa di attivare strumento come l’Académie française per la Francia, o la Real Academia Espanõla per la Spagna. “Abbiamo, è vero un’istituzione prestigiosissima come l’Accademia della Crusca, fondata nel 1583, autorevole ma priva di strumenti giuridici. La loro azione è sicuramente meritoria sotto molti aspetti. Proprio l’Accademia della Crusca ha costituito al suo interno un gruppo di lavoro. Che prova a suggerire definizioni alternative italiane a definizioni straniere abusate nella comunicazione pubblica”.
L’abuso dell’inglese appartiene a un certo snobismo
Anche qui la rotta è chiara. “Credo che un certo abuso dei termini anglofoni appartenga a un certo snobismo, molto radical chic”, dice il ministro della Cultura. “Che spesso nasce dalla scarsa consapevolezza del valore globale della cultura italiana. E anche della sua lingua, che invece è ricca di vocaboli e di sfumature diverse”. Infine una riflessione: promuovere la nostra lingua non significa ignorare il mondo che ci circonda. “Non significa che in un mondo globalizzato non si debbano studiare e apprendere bene altre lingue. A cominciare da quella inglese. Come diceva Tullio De Mauro il multilinguismo ci aiuta a gestire la complessità del presente”.