Yara, il gip: indagare il pm Ruggeri per depistaggio. Si riapre il fronte sul Dna di Bossetti

29 Dic 2022 19:24 - di Lorenza Mariani
Yara

Non c’è pace per Yara e non c’è fine alle pendenze che gravano come una spada di Damocle sul prosecco e suoi suoi protagonisti. A partire dal pm di Bergamo Letizia Ruggeri. La donna che ha lottato per trovare l’assassino della 13enne di Brembate e assicurarlo alla giustizia. Il magistrato sul cui conto oggi il gip di Venezia Alberto Scaramuzza ha stabilito di indagare per depistaggio in merito alla presunta non corretta conservazione dei 54 campioni di Dna rinvenuti sul corpo della 13enne di Brembate e che la difesa di Massimo Bossetti chiede da tempo di potere analizzare. Ordinando pertanto la trasmissione degli atti al pm della procura veneta, perché proceda all’iscrizione nell’apposito registro.

Caso Yara, il pm Letizia Ruggeri nel mirino del gip di Venezia

E allora: a fronte di una denunzia-querela, e di un atto di opposizione della difesa dell’uomo condannato in via definitiva all’ergastolo, «in buona parte indirizzati nei riguardi proprio di comportamenti del pm Letizia Ruggeri, si impone – scrive il gip – la necessità di un’estensione soggettiva dell’iscrizione nei suoi confronti» in relazione al reato di frode in processo penale e depistaggio (articolo 375 del codice penale). Reato punito con il carcere da 3 a 8 anni, per chi «immuta artificiosamente il corpo del reato. Ovvero lo stato dei luoghi. Delle cose. O delle persone connessi al reato» (comma 1).

Caso Yara, «Indagare il pm Ruggeri per frode in processo penale e depistaggio»

Una scelta che ha come finalità sia quella di «permettere al pm una compiuta valutazione, anche della sua posizione in relazione a tutte le doglianze dell’opponente, che richiedono un necessario approfondimento. Sia al fine di permettere alla stessa un’adeguata difesa», si legge nel dispositivo. Provvedimento con cui il giudice veneto ordina l’archiviazione per Giovanni Petillo e Laura Epis, rispettivamente presidente della Prima sezione penale del tribunale di Bergamo e funzionaria responsabile dell’Ufficio corpi di reato.

«Il vulnus riguarda il trasferimento delle 54 provette con la traccia biologica mista di vittima e carnefice»

E veniamo al cuore della questione, su cui si è pronunciato il tribunale di Venezia (competente sui magistrati di Bergamo). E che riguarda le 54 provette contenenti la traccia biologica mista di vittima e carnefice, spostati dal frigorifero dell’ospedale San Raffaele di Milano all’ufficio Corpi di reato del tribunale di Bergamo. Per Claudio Salvagni, difensore di Bossetti, quel cambio di destinazione, interrompendo la catena del freddo (i campioni erano conservati a 80 gradi sottozero) potrebbe aver deteriorato il Dna, rendendo vano qualsiasi eventuale tentativo di nuove analisi.

La vicenda risale al 2019, quando la difesa richiede l’accesso ai campioni di Dna

Nell’atto di quasi 70 pagine, di opposizione all’archiviazione, si mettono in fila più date. A partire dal 26 novembre 2019 (dopo la pronuncia della Cassazione), quando la difesa richiede l’accesso ai campioni di Dna e l’indomani ottiene l’autorizzazione. Ma non sa che il pm Ruggeri ha già chiesto di spostare le provette: il 21 novembre i 54 campioni vengono tolti dal frigo e consegnati dal professore Giorgio Casari ai carabinieri di Bergamo. Raggiungeranno il tribunale il 2 dicembre 2019, «12 giorni dopo» aver lasciato il San Raffaele.

La reazione dell’avvocato di Bossetti

Se per la procura di Venezia, né le verifiche, né i testimoni, hanno fatto emergere la prova che, da parte degli indagati Petillo ed Epis, ci sia mai stata la volontà di distruggere o danneggiare quei campioni di Dna, ora spetta al pm Ruggeri dimostrare la sua buonafede. Sul caso si è aperto un dibattito che, da sponde contrapposte, ha visto la difesa di Bozzetti sostenere con l’Adnkronos, attraverso l’avvocato Claudio Salvagni, che: «Il pm Letizia Ruggeri non poteva distruggere i reperti. Questo è un fatto oggettivo. E se lo ha fatto ha commesso una cosa gravissima. Il gip di Venezia ha deciso che deve essere iscritta per depistaggio. E io resto in attesa di quello che deciderà la procura veneta».

Mentre il procuratore di Bergamo si dice «francamente sorpreso»

Mentre di contro, il procuratore di Bergamo Antonio Chiappani, intervenendo sull’ultima pronuncia conseguente alle mosse difensive di Massimo Bossetti – condannato in via definitiva all’ergastolo per l’omicidio della 13enne di Brembate – si è detto «francamente sorpreso». Di tutto. Ossia: «Che dopo 3 gradi di giudizio. Dopo 7 rigetti dei giudici di Bergamo sia all’analisi, che alla verifica, dello stato di conservazione dei reperti e dei campioni residui di Dna. E dopo che nei tre gradi di giudizio era stata respinta la richiesta difensiva di una perizia sul Dna»…

Caso Yara, indagine sul pm Ruggeri. Il procuratore di Bergamo: ecco cosa mi lascia perplesso

E ancora: «Dopo la definitività della sentenza sopravvenuta nell’ottobre 2018, che ha accertato la colpevolezza dell’autore dell’omicidio di Yara; e dopo che era passato più di un anno da tale definitività, si imputi ora al pm il depistaggio in relazione alla conservazione delle provette dei residui organici, rimasti regolarmente crioconservati in una cella frigorifera dell’Istituto San Raffaele fino a novembre 2019. Quindi, oltre un anno dopo il passaggio in giudicato della sentenza della condanna. E solo successivamente confiscati, come prevede il codice di procedura». Punti ineludibili, che il procuratore evidenzia per argomentare lo stupore seguito alla notizia delle indagini sulla pm.

«Fiducioso che emergerà la correttezza dei comportamenti della collega»

Non solo. «Il provvedimento di Venezia – prosegue Chiappani – arriva dopo che per altre due volte la corte d’Assise di Bergamo aveva negato ai difensori l’accesso a tali provette. E dopo che la Procura di Venezia aveva chiesto l’archiviazione della posizione del presidente della Corte d’Assise di Bergamo e di una cancelliera a seguito della denuncia per depistaggio» ricorda il procuratore Chiappani. Il quale, comunque, si dice alla fine «fiducioso che in sede di indagini emergerà la correttezza dei comportamenti tenuti dalla collega».

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