Caso Orlandi, il legale della famiglia: «Contenti di nuove indagini, un anno fa mi scrisse il Papa»

9 Gen 2023 19:27 - di Aldo Garcon
Pietro Orlandi

«Mi colpisce la riapertura delle indagini, una riapertura improvvisa. Se è su impulso di Papa Francesco, ben venga». Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, commenta così all’Adnkronos la notizia di una nuova riapertura del caso decisa dal promotore di giustizia vaticana Alessandro Diddi insieme alla Gendarmeria.

«Non so se è una decisione presa dopo la recente proposta di aprire una inchiesta parlamentare – continua – Magari potrebbe nascere una collaborazione tra Stato italiano e Vaticano, mancata per quarant’anni. È chiaramente una notizia positiva e mi auguro di essere sentito dagli inquirenti».

Caso Orlandi, parla il legale della famiglia

«Siamo sicuramente contentissimi della riapertura delle indagini, ma è pazzesco che non siamo stati avvisati. Non sappiamo nemmeno su cosa stiano indagando, l’ultima denuncia che ho presentato è del 2019 e non ho avuto alcun cenno di riscontro. L’ultima volta che ho chiesto al promotore di incontrarlo è stato un anno fa. Magari hanno elementi nuovi loro e stanno procedendo ex ufficio, non lo so». L’avvocato Laura Sgro, legale della famiglia di Emanuela Orlandi, commenta così all’Adnkronos la decisione del promotore di giustizia vaticana.

Il legale sottolinea ancora: «Abbiamo presentato tantissime istanze, ogni volta che c’era un elemento nuovo lo abbiamo rappresentato all’ufficio del promotore. A dicembre 2021 ho scritto a Papa Francesco, il quale a gennaio 2022 mi ha risposto dicendo di rivolgermi all’ufficio del promotore per mettere a loro disposizione le informazioni nuove che avevamo. Da lì il nulla», conclude.

Lupacchini: «L’apertura delle indagini può essere una  scelta strategica del Vaticano»

«Indagare alla ricerca della verità può essere sempre utile, può esserlo il fatto che indaghi il Vaticano, ma al tempo stesso bisognerebbe partire dal presupposto che vi siano elementi per ricondurre all’interno del Vaticano i moventi della vicenda, altrimenti non riesco a capire perché il Vaticano si interessi alle vicissitudini di una propria cittadina il cui eventuale rapimento e morte conseguente il rapimento si sono verificate in Italia e su cui per anni e anni ha indagato la giustizia italiana con esiti assolutamente incongrui e non conducenti». È il commento all’Adnkronos di Otello Lupacchini, magistrato tra i massimi esperti del caso Orlandi e della banda della Magliana.

«Si possono fare solo ipotesi»

«Evidentemente dobbiamo presumere che in mano al promotore di giustizia vi siano elementi nuovi e diversi rispetto a quelli esaminati – continua – Si possono solo fare ipotesi allo stato, che lasciano il tempo che trovano. Potrebbe essere sia un modo di trovare o dar prova di collaborazione tra Stato e Chiesa ma anche un modo per mettere una pietra tombale e dire che ci hanno provato ma non se ne è tirato fuori un ragno dal buco. Potrebbe essere, quella del Vaticano, una scelta strategica in un senso o nell’altro, dunque, considerato il momento e la virulenza delle polemiche in corso».

Caso Orlandi, lo scetticismo di monsignor Girotti

«Una pura formalità, per chiudere definitivamente il cerchio». Monsignor Gianfranco Girotti, reggente emerito della Penitenzieria Apostolica, invita a non farsi troppe illusioni sulla decisione del promotore di giustizia del Vaticano di riaprire il caso di Emanuela Orlandi. «Io credo che il promotore di giustizia – osserva all’Adnkronos il reggente emerito del “Tribunale delle anime” del Vaticano e memoria storica dei misteri della Santa Sede – faccia questo per mettere la parola fine a quello che resterà un mistero».

Già quando vennero aperte le tombe al Cimitero Teutonico, il monsignore mostrò tutto il suo scetticismo sostenendo: «Siamo alla pura leggenda che a questo punto diventa anche stucchevole. Capisco il desiderio dei familiari di Emanuela di tenere accesi i riflettori su un caso che sconvolge ancora e che ha suscitato scandalo, ma mi pare evidente che si stiano arrampicando sugli specchi». Oggi, la notizia della nuova inchiesta non sposta la sua idea: «E’ ora di mettere la parola fine a questo caso. Il fatto di come la famiglia non sia stata avvisata, non fa che confermare il mio scetticismo».

 

 

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