Covid, il sinologo Sisci: “Intrappolati dalla Cina in una situazione di doppio sospetto”
Dubbi, ritorsioni, segreti e bugie: la gestione della recrudescenza dell’epidemia di Covid in Cina, da parte delle autorità di Pechino, mette sotto scacco un mondo tornato a impaurirsi proprio quando credeva di essere finalmente fuori dall’incubo. Un mondo, spiega il sinologo Francesco Sisci, in cui «siamo in una trappola del doppio sospetto: da una parte ci siamo noi, stranieri, occidentali, che sospettiamo la Cina di occultare dati sensibili sul Covid. Dall’altra la Cina, che sospetta l’Occidente di intenzioni ostili».
Covid, la Cina tra dubbi, segreti e ritorsioni
È dunque in questi termini che il sinologo Francesco Sisci descrive le conseguenze dell’evoluzione della pandemia sulle attuali relazioni con la Cina. E parlando con l’Adnkronos, guardando alla situazione attuale, l’esperto fa un preciso riferimento metaforico a una sorta di “avvitamento”, “un nodo gordiano” che stringe nella sua morsa le relazioni diplomatiche tra la Cina e i Paesi di nuovo in allarme sul Covid. E che mostrano di voler agire nei suoi confronti intervenendo sul fronte della prevenzione, quanto su quello dello scetticismo nei confronti dei dati diffusi da Pechino.
La teoria del doppio sospetto spiegata dal sinologo Sisci
Per prima cosa, sottolinea, «è bene ricordare come si sia arrivati alla situazione attuale. Ad un certo punto il governo di Pechino ha constatato che comunque – malgrado il lockdown – i contagi aumentavano a dismisura. E ormai gli ospedali e i centri erano intasati. Nonostante questo era in corso ovviamente la protesta di chi non sopportava questa situazione, quelle persone che erano di fatto imprigionate da quasi tre anni, mentre il resto del mondo era ormai in libertà».
Strategie e varianti: gli shock della politica di Pechino
E ancora. «Il terzo elemento da considerare, poi, è che il governo ha dichiarato di non aver visto varianti peggiori del virus. Quindi, per venire incontro alle proteste e cercare di recuperare la situazione economica, il governo ha scelto questa strada: quella che prevede di aprire tutto a tutti, con un conseguente prevedibile shock».
Cina: la situazione dei contagi
«Oggi – prosegue Sisci – la situazione è grave. Ma al momento in Cina non si vedono varianti peggiori, molto più letali o molto più dannose. Certo il danno interno è importante, perché tanti operai e impiegati, con questa diffusione dei contagi, si ammalano. Pertanto la produttività sta crollando. La scommessa è che tra un paio di mesi, con la primavera, a fine marzo, aprile, maggio, ci sarà un’immunità di gregge. E la situazione andrà a normalizzarsi».
«Non c’è stata apertura all’inizio nel 2020 e non c’è apertura oggi»
«Il problema che permane – e che è lo stesso dall’inizio – è che la Cina non ha mostrato apertura verso gli altri Paesi sulla situazione del contagio, sull’epidemia. Non c’è stata apertura all’inizio nel 2020 e non c’è apertura oggi. E oggettivamente tanti Paesi sono preoccupati di quale sia effettivamente la situazione. Di come stia evolvendo la malattia, il virus, perché il rischio di varianti c’è».
Covid in Cina, i legittimi timori del mondo occidentale
«Questi timori – osserva Sisci – sono legittimi. Però c’è una trappola del doppio sospetto: noi stranieri, il mondo occidentale sospetta i cinesi di tener nascosti i dati sensibili. Mentre, viceversa i cinesi sospettano l’Occidente, l’America di intenzioni ostili. Di usare o voler usare questi dati a scopo di propaganda, per esasperare le tensioni che già ci sono. Siamo intrappolati in questa situazione di doppio sospetto, da cui è difficile venire fuori».
«C’è un avvitamento, un nodo gordiano…»
«Noi sospettiamo che Pechino nasconda chissà cosa – anche perché all’inizio è stata poco trasparente –. Pechino sospetta che una volta concessa un’apertura sui dati, da parte occidentale non se ne faccia un uso oggettivo. Ma li si usi a scopi propagandistici. C’è un avvitamento, un nodo gordiano». E al momento non sembra sia possibile districarsene.