Il Piano Mattei è una risposta all’ecologismo di piazza, all’immobilismo Ue e alla crisi economica
La sfida che Giorgia Meloni ha lanciato con la sua visita in Algeria è molto chiara: gli accordi siglati con l’Algeria, Paese dalle importanti implicazioni geopolitiche e geoeconomiche visti i giacimenti di gas naturale di cui è dotato, segnano un tratto distintivo dell’azione del Governo Meloni in campo ambientale ed energetico. Il “piano Mattei”, così ribattezzato dalla Meloni in onore dello straordinario imprenditore petrolifero marchigiano Enrico Mattei, ha tre risvolti concreti su tre questioni molto diverse tra loro eppure inscindibilmente intrecciate: l’ambiente, l’economia e l’Europa.
Accordi di partenariato per ottenere risorse
Per l’economia, la questione è semplice da affrontare. Il piano di Giorgia Meloni è infatti quello di andare a parlare direttamente con dei partner strategici (basti pensare che l’Algeria è il primo fornitore di gas per l’Italia) in modo da ottenere le risorse a prezzi più vantaggiosi e magari fornendo nuovi canali privilegiati per merci italiane anche in mercati dove tradizionalmente le aziende fanno più fatica a imporsi tanto per i prezzi quanto per la presenza di concorrenza europea o extraeuropea. Inoltre, gli accordi tra gli Stati sottendono anche iniziative tra enti privati, come i due accordi tra ENI e l’omologa algerina Sonatrach riguardanti la produzione di idrogeno e una progressiva riduzione dei gas serra. Non solo, il successo del Piano Mattei comporterebbe anche una serie di interventi infrastrutturali in tutto il Paese, che necessiterebbe a quel punto di gasdotti per portare il gas dal Sud (che avrebbe così un volano economico per risollevare magari aree al momento più in crisi) al Nord: la testimonianza di questi interventi sta anche nell’annuncio della Snam di una serie di investimenti per il valore superiore al miliardo, segno che si prevede la necessità di nuovi gasdotti.
Una risposta all’ecologismo di piazza
Dal punto di vista ambientale, il Piano Mattei è una risposta concreta e assolutamente conservatrice all’ecologismo di piazza delle manifestazioni che negli ultimi quattro anni in particolare si sono susseguite: se da un lato l’esigenza di ridurre le emissioni e rendere il sistema produttivo sempre più sostenibile è seria e non fraintendibile, dall’altro sono spesso mancate strategie a lungo termine per salvaguardare contemporaneamente la tenuta dell’ecosistema e l’attività umana, sia in termini di impresa che di consumi. Se dunque l’ecologismo “di sinistra” porta inesorabilmente a una soluzione di decrescita (talvolta descritta impropriamente come “decrescita felice”) se non addirittura a scenari apocalittici che prevedano come alternativa al disastro ambientale la riduzione della popolazione mondiale, l’ecologismo “di destra” deve avere un’altra pasta e deve parlare di energia, di impresa, di infrastrutture. Inoltre, con l’accordo tra Italia e Algeria, dei 40 miliardi di metri cubi di gas russo sostituiti ben 5 miliardi provengono da fonti rinnovabili, andando a ridurre in modo sensibile l’impatto ambientale. Il Piano Mattei che pone al centro uno scambio di risorse energetiche e di know how sulle future fonti rinnovabili, mettendo in cantiere nuove infrastrutture sempre più performanti e a impatto ridotto, è una misura che descrive una vera Green Economy, in cui i due termini si equivalgono e nessuno sovrasta l’altro.
Il ruolo del “Piano Mattei” nella partita europea
Il terzo, fondamentale, elemento è l’Europa: in una situazione geopolitica magmatica, con una Russia che con l’arrivo dell’inverno e i rincari connessi all’aumento del prezzo del gas è tornata a far sentire la sua voce dopo l’invasione dell’Ucraina, una Cina che sta sornionamente aspettando il momento migliore per centrare i suoi obiettivi di espansione economica e territoriale e gli Stati Uniti impegnati a risolvere troppe questioni di politica interna, l’Unione Europea ha di fronte a sé due possibili scenari. Da un lato, la ripresa di un ruolo da protagonista nel quadro dell’Alleanza Atlantica; dall’altro, un ruolo subalterno, a seconda dei casi, tanto degli Stati Uniti, quanto della Russia e della Cina. Certamente, la crisi di credibilità di molti dei grandi governi europei non ha facilitato la ripresa del Vecchio Continente: se fuori dall’UE il Regno Unito sta conoscendo una crisi di stabilità dovuta alla mancanza di coesione dei Tories, dentro l’Unione cominciano a pesare tanto l’inadeguatezza del Governo Scholz in Germania quanto la difficile convivenza della Presidenza Macron con la sinistra più oltranzista in Francia, il tutto condito da un Qatargate che mina la credibilità di tutta l’istituzione europea.
Scardinare l’egemonia cinese
Ecco allora che l’Italia, con il Piano Mattei elaborato da Giorgia Meloni, gioca un ruolo nuovo nella partita europea: ben lontano dalla Nuova Via della Seta, il piano della Premier è quello di scardinare l’egemonia cinese in Africa e mettere in condizione di debolezza la Russia nelle trattative con l’Europa, portando così da un lato a un problema per Pechino e dall’altro a un’auspicabile e più rapida chiusura di un conflitto tra Mosca e Kiev che, oltre a essere disastroso per l’Ucraina, si è rivelato economicamente dannoso anche per l’Occidente europeo. Se l’Italia diventasse l’hub europeo dell’energia, inoltre, segnerebbe un punto di svolta nei rapporti di forza interni all’UE alle porte delle prossime elezioni europee, alle quali i Conservatori possono finalmente affacciarsi portando non solo risultati ma anche strategie e pianificazione. Peraltro, un centro italiano del gas europeo non dispiacerebbe nemmeno alla Germania e ai suoi partner (Austria e Ungheria su tutti) che si troverebbero a non dover più dipendere unicamente dalla Russia per gli approvvigionamenti energetici.
Una scelta coraggiosa
Il Piano Mattei di Giorgia Meloni, per concludere, si inserisce in un doppio binario: da un lato, si inserisce in una storia di relazioni internazionali tra Italia e Maghreb che si era conclusa con l’ultimo governo di Centrodestra e che vedeva dei rapporti tra Italia, Libia e Tunisia; dall’altro il Piano guarda al futuro non solo dell’Italia ma anche dell’Europa, con l’obiettivo di garantire un futuro di prosperità, benessere e sviluppo energetico ed economico. Una scelta coraggiosa, visto soprattutto quanto altri partner europei tengano a un sostanziale predominio sull’Africa e che l’Italia deve necessariamente insidiare se vuole riaffermare il ruolo di potenza mediterranea: ne va anche del futuro dello stesso continente africano, al quale si può offrire un’occasione di riscatto con vitali risvolti anche in termini sociali.
*Segretario internazionale di Gioventù Nazionale