La fiction su Dalla Chiesa “dimentica” il primo delitto delle Br: l’uccisione dei missini Mazzola e Giralucci

10 Gen 2023 14:01 - di Federico Gennaccari
Mazzola Giralucci

Una bella fiction, quella sul generale Alberto Dalla Chiesa, rovinata da una colossale dimenticanza. Fanno la storia dell’antiterrorismo con date e riferimenti a episodi precisi e poi si dimenticano la data del 17 giugno 1974. Cosa accadde quel giorno?  A Padova due missini Giuseppe Mazzola, 60 anni, un carabiniere in pensione, padre di quattro figli, e Graziano Giralucci, un giovane di 32 anni, padre di una bimba di tre anni, vengono trovati morti nella sede della Federazione del Msi di via Zabarella. Sono state le Brigate Rosse. I colpevoli saranno scoperti dodici anni dopo, ma il giorno dopo le Br (fino ad allora non avevano mai ucciso) con un volantino fatto ritrovare a Milano e a Ponte di Brenta (Pd) rivendicano la loro uccisione.

Dimenticato il primo delitto delle Br

Volantino in cui si fa riferimento alla ricerca di documenti sulla strage di Brescia (una bomba esplosa a piazza della Loggia durante un comizio sindacale ha provocato 8 morti) e che inizia così: “Lunedì 17 giugno 1974, un nucleo armato delle Brigate rosse ha occupato la sede provinciale del Msi di Padova in via Zabarella. I due fascisti presenti, avendo violentemente reagito, sono stati giustiziati…” e si conclude con uno slogan scritto tutto in maiuscolo: “LE SEDI DEL MSI NON SONO PIÙ INVIOLABILI ROCCAFORTI NERE! NESSUN FASCISTA PUÒ PIÙ CONSIDERARSI SICURO! NESSUN CRIMINE FASCISTA RIMARRÀ IMPUNITO! PORTARE L’ATTACCO AL CUORE DELLO STATO! LOTTA ARMATA PER IL COMUNISMO!”.

Hanno voluto evitare di citare due missini uccisi?

Possibile che il generale Dalla Chiesa e il suo nucleo antiterrorismo impegnati nella lotta contro le Brigate Rosse non si siano occupati della vicenda e l’abbiano completamente ignorata? Davvero difficile da credere dato che la fiction ci dimostra l’impegno del nucleo su tutti i documenti e su tutto il materiale prodotto dall’estrema sinistra e soprattutto Dalla Chiesa respinge la definizione di “sedicenti Brigate Rosse” utilizzata allora dai maggiori giornali e dai principali commentatori. Ti pare che potevano ignorare la rivendicazione di un duplice omicidio? Eppure secondo la fiction sarebbe andata così. E allora dobbiamo pensare che o chi ha scritto la fiction non conosce la storia del terrorismo
(ed è grave ignorare completamente le prime vittime delle Brigate Rosse) oppure ha voluto evitare anche la sola citazione dei due missini padovani proprio perché missini e quindi ha operato una “cancel culture” ideologica.

La Rai potrebbe rimediare con una fiction sulla morte di Mazzola e Giralucci

A questo punto auspichiamo che la Rai anche per rimediare a questa incredibile dimenticanza si darà da fare per realizzare una fiction sul duplice omicidio di Padova da mandare in onda nel 2024, in occasione del 50° anniversario dell’uccisione di Giralucci e Mazzola da parte delle Brigate Rosse. Una vicenda che si presta ad una fiction. Per i giornali era un delitto misterioso, solo il “Secolo d’Italia”, quotidiano del Msi-Dn titolò “Assassinati dall’odio” e il segretario nazionale missino, Giorgio Almirante, denunciò un clima da guerra civile.  Di diverso avviso i giornali della sinistra che preferirono avvalorare l’ipotesi della “faida interna”.

La stampa di sinistra e il copione della faida interna

Il quotidiano comunista “L’Unità” titola l’articolo interno “Lunghe e feroci faide nella storia della federazione padovana del Msi”. Per il quotidiano milanese Il Giorno “I mandanti del duplice omicidio alla sede della federazione missina sono iscritti al partito di Almirante”. Il giorno dopo le Brigate Rosse diffondono un volantino in cui rivendicano il duplice omicidio. Gli inquirenti stessi, a partire dal sostituto procuratore Aldo Fais, non credono molto alla rivendicazione. Anche perché i quotidiani, non tutti, preferiscono soffermarsi sulle “sedicenti Brigate Rosse” (che nella primavera dello stesso 1974 avevano sequestrato e poi rilasciato il magistrato genovese Mario Sossi).

Le rivelazioni di Susanna Ronconi e il processo

Una prima svolta avverrà l’8 settembre dello stesso 1974, quando verranno arrestati i brigatisti Renato Curcio e Alberto Franceschini che confermeranno la veridicità della rivendicazione delle Brigate Rosse. Le indagini però svolteranno soltanto negli anni Ottanta con le rivelazioni dei primi terroristi pentiti. Decisive le rivelazioni della dissociata Susanna Ronconi che nel 1986 permette di ricostruire il duplice
omicidio: l’autista sarebbe stato Giorgio Semeria, un brigatista della colonna di Torino; in strada sarebbe rimasto Martino Serafini; mentre la Ronconi stava sulle scale. Nella sede sarebbero entrati altri due brigatisti, entrambi emiliani: Roberto Ognibene e Fabrizio Pelli (deceduto in carcere nel 1979), quest’ultimo avrebbe sparato i colpi mortali. L’iter processuale in cui sono coinvolti come capi delle Br anche Renato Curcio, Alberto Franceschini e Mario Moretti (inizialmente prosciolti) si concluderà nel luglio del 1992. Saranno tutti condannati: Ognibene a 18 anni per omicidio volontario; la Ronconi, Semeria e Serafini per concorso pieno in duplice omicidio (Ronconi e Semeria a 12 anni, Serafini a 7 anni e sei mesi); Franceschini, Curcio e Moretti per concorso morale in duplice omicidio (Franceschini a 18 anni e due mesi, Curcio e Moretti a 16 anni e due mesi).

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