“La sua post-verità è diffamazione”: la nuova condanna a Grillo è la pietra tombale sulla filosofia grillina

28 Gen 2023 10:00 - di Monica Pucci

“Se viene meno il diritto di critica, viene meno la democrazia. Esso, però, non può spingersi né può essere accolto oltre il concreto senso della ragionevolezza; non può insomma fondarsi sulla menzogna; non può confondersi con la menzogna denigratoria; non può costituire menzogna denigratoria finalizzata all’attacco personale lesivo della dignità della persona”, è scritto nella sentenza della terza sezione penale della Corta d’Appello di Bari, le cui motivazioni sono state depositate in questi giorni. In primo grado il giudice monocratico aveva assolto Grillo.

L’assenza per malore della deputata Cinzia Capano

Il giorno del voto, il 16 marzo 2011, Capano – come fu subito chiarito con un comunicato dal Pd, annotano i magistrati – era assente perchè ricoverata d’urgenza in ospedale a causa di un grave malore. “Nonostante ciò, Grillo confezionò il suo intervento televisivo – è scritto in sentenza – sottacendo quel comunicato, così denigrando, attraverso una palese menzogna e un attacco immotivato alla persona, la Capano”, che querelò il leader M5S.

“E’ vero – scrivono i giudici – viviamo in un’epoca di post-verità, così come è stata più volte definita da eminenti filosofi e sociologi. E’ l’opinione che si sostituisce alla verità. Ciò che conta è ciò che penso, non ciò che è”, ma la Giustizia “si fonda sulla verità, non sulla menzogna” e “costituisce il primo e più importante baluardo a protezione della civile convivenza”.

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