Pd in apnea: i “magnifici quattro” scalpitano. Bonaccini parla da segretario e doppia la Schlein
Cambio radicale della classe dirigente, più democrazia interna, svolta, “nuovo inizio”. Ma soprattutto la missione impossibile di recuperare i milioni di voti persi. La litanìa non cambia. A poco più di un mese dalle primarie del Pd (convocate dopo settimane di liti per domenica 26 febbraio) gli sfidanti alla segreteria del dopo Letta si confrontano, ospiti di Lucia Annunziata su Rai 3.
Pd, gli sfidanti alla segreteria ospiti dalla Annunziata
I “magnifici quattro” – Paola De Micheli, Elly Schlein, Gianni Cuperlo e Stefano Bonaccini – si sfidano sotto l’incalzare delle domande della conduttrice. Orgogliosa del colpaccio e molto disponibile, forse troppo. Il format del confronto elettorale non è più di moda ma la padrona di casa di Mezz’ora in più non rinuncia e chiama gli ospiti per nome. Ne esce un mini-comizio di tutti sullo sfondo di un unanimismo di facciata. Slogan e schermaglie simulate, con Bonaccini che parla da segretario in pectore, la Schlein che dà lezioni di sinistra ‘vera’ e lamenta gli errori al governo. La De Micheli, sindacalista degli iscritti, che interrompe spesso da romagnola doc E Cuperlo che filosofeggia con padronanza di linguaggio ma poco appeal televisivo. Lo conferma un sondaggio realizzato dalla Emg per Agorà che lo “stima” al 4%. In pole position il governatore emiliano al 44%, seguito da Elly Schlein al 24% e da Paola De Micheli al 9%.
Missione impossibile: riprendere i milioni di voti persi
Tutti d’accordo sull’azzeramento della dirigenza (ma per favore non chiamatela rottamazione), sull’analisi della Caporetto di settembre. E perfino sul ritorno dei big di Articolo 1, fuggiti dalla casa del padre nel 2017, come Massimo D’Alema, Pierluigi Bersani e Roberto Speranza. Sorprendente ma neanche troppo visto le scarse truppe. Se Cuperlo festeggia (è stato un errore andare via, ben ritrovati), Bonaccini ne prende atto. E tutti “festeggiano”. Poche battute sul tormentone del cambio del nome. Il problema non è questo, dicono i quattro. Ma fuori dai salotti televisivi la strada verso le primarie è tutta in salita. Dal renzismo trionfante, tutto slide e sorrisi che dettava l’agenda politica, al grigiore di un partito introflesso e in apnea.
Orlando non ci sta: più cauti nel giudizio su Draghi
“Siamo passati dall’agenda Draghi alla ‘damnatio memoriae’ del governo Draghi, che è diventato il problema. Dovremmo dare un giudizio più equilibrato“. Così Andrea Orlando, che ha maldigerito il Manifesto dei valori, un compromesso al ribasso. E polemizza volentieri con Bonaccini, che si atteggia a matricola ma ha condiviso tutte le scelte del Nazareno di questi ultimi anni. “Non siamo andati al governo per avidità di potere”, continua Orlando. “Ce l’aveva chiesto l’uomo più autorevole e popolare del Paese. Che si chiama Mattarell. Serve più misura nel valutare le scelte compiute. Scelte fatte all’unanimità, in tutti gli organismi dirigenti di cui facevano parte i protagonisti di questa vicenda a esclusione della Schlein”.