Pd, Letta si congeda: «Serve un nuovo partito, non un nuovo segretario. Tengo per me le amarezze»
«Non serve un nuovo segretario, serve un nuovo partito, di nuovi segretari ne abbiamo avuti sin troppi». Con queste parole Enrico Letta si è rivolto all’assemblea del Pd, di fronte alla quale ha pronunciato il suo ultimo discorso da segretario. L’assise è chiamata a votare il Manifesto dei valori e le regole del congresso. Il segretario ha tenuto un intervento ad alto tasso emozionale, nel quale ha detto di andarsene «ancora più innamorato di questo partito» e di essere rimasto, «in questo periodo che è stato tra i più duri della nostra storia», per prendersi i colpi causati dalla sconfitta elettorale. Letta, che ha assicurato che non fonderà una nuova forza politica, però non si è risparmiato anche qualche frecciata sul fatto che «tengo per me le amarezze e ingenerosità» e che «il segretario del nuovo Pd non può passare l’intera giornata a mettere tutte le energie in una composizione degli equilibri interni e poi, a fine giornata, con le energie residue, pensare a cosa dire agli italiani».
La frecciata di Letta: «Troppe energie sprecate per ricomporre gli equilibri interni»
«Così non può funzionare, così siamo condannati», ha ammonito Letta. La questione delle beghe interne, sulla quale il segretario uscente ha richiamato con forza l’assemblea con un appello all’unità, del resto, lo ha tenuto impegnato fino all’ultimo, costringendolo a una estenuante mediazione fra le diverse correnti e con i quattro candidati alla segreteria: Stefano Bonaccini, Elly Schlein, Paola De Micheli e Gianni Cuperlo, ai quali oggi ha ufficialmente passato il testimone. Il punto di equilibrio tra chi, come l’area Bonaccini, critica metodo e merito del Manifesto e chi, come Articolo 1, chiedeva il passaggio del voto sul documento perché decisivo rispetto al rientro nel Pd è stato trovato in una formula di compromesso che non scioglie i nodi, ma semplicemente continua a tenerli insieme: il Manifesto, dunque, resta come “base politica” del Nuovo Pd e verrà sottoposto ai circoli; non abroga quello di Veltroni del 2007; il testo resta aperto visto che la fase costituente andrà avanti.
Letta costretto a mediare fino all’ultimo
Nel testo che andrà in votazione, anticipato dall’agenzia di stampa Adnkronos, si legge che «l’Assemblea nazionale costituente approva il Manifesto per il Nuovo Pd “Italia 2030”. Il Manifesto è la base politica della nascita del Nuovo Pd e l’Assemblea invita circoli e aderenti a una mobilitazione nazionale finalizzata a diffonderne e discuterne i contenuti. Il Manifesto non ha effetti abrogativi della Carta dei Valori elaborata al momento della fondazione del Pd. L’Assemblea decide di tenere aperta la fase costituente valutando la necessità di un tempo più lungo da offrire ai territori e agli organismi dirigenti eletti dal Congresso per approfondimenti ed eventuale introduzione di nuovi modelli organizzativi».
La richiesta della base di tornare a occuparsi di «priorità tematiche»
Nel corso dell’assemblea Letta, inoltre, ha presentato i risultati della “Bussola”, la consultazione volontaria in vista del congresso cui hanno risposto in 18mila e che ha fatto emergere una chiara richiesta di «priorità tematiche», mentre «c’è molto da lavorare – ha chiarito il segretario uscente – sulla parte organizzativa, perché è emersa una grande insoddisfazione su come siamo organizzati». «Abbiamo chiesto se fossero d’accordo a una leadership duale uomo-donna come accade in diversi partiti europei e la platea – ha spiegato Letta – è divisa a metà, come è divisa sulla domanda di chi debba decidere sulle questioni del partito se solo gli iscritti o no».