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Sgominata rete tunisina dell’immigrazione clandestina: se ne servivano anche i terroristi

Cronaca - di Agnese Russo - 31 Gennaio 2023 - AGGIORNATO 31 Gennaio 2023 alle 14:05

Tre arresti, 18 indagati, oltre 40 perquisizioni. Sono i numeri di “Wet shoes”, una vasta operazione condotta dalla polizia nei confronti di esponenti di una organizzazione criminale dedita al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina in Italia e con proiezioni all’estero. L’operazione, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Ancona, scaturisce dalle indagini connesse all’attentato terroristico del 19 dicembre 2016 a Berlino, compiuto dal tunisino Anis Amri, che già negli scorsi anni hanno fatto emergere che i terroristi utilizzano i canali dell’immigrazione clandestina per entrare in Europa. I tre arrestati sono tutti tunisini, due sono stati portati in carcere, uno è stato posto ai domiciliari.

I legami tra terrorismo e immigrazione clandestina

Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, l’organizzazione criminale, anche grazie a una fitta rete di complicità, era in grado di gestire l’approdo clandestino sulle coste della Sicilia di stranieri, in prevalenza nord africani, e di fornire loro supporto logistico e coperture per ottenere la documentazione necessaria per il trasferimento su tutta l’area Schengen. Tra gli stranieri intenzionati a raggiungere lo spazio europeo, attraverso i canali messi a disposizione dalla rete criminale, c’erano anche persone vicine a circuiti di combattenti impegnati in teatri di jihad.

Sbarchi e documenti: le attività dell’organizzazione criminale

Per i tre tunisini finiti agli arresti l’accusa è di associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina con l’aggravante della transnazionalità. Inoltre, gli inquirenti stanno verificando eventuali movimenti finanziari sospetti che potrebbero essere connessi al terrorismo. Oltre ai tre arrestati, nell’inchiesta figurano 18 indagati: i tunisini si giovavano di una rete di complicità intessuta sul territorio maceratese, in cui figurano titolari di aziende e pubblici ufficiali, con estensioni in diverse zone del territorio nazionale ed estero. Le perquisizioni hanno riguardato però anche altre 26 persone, risultate contigue a vario titolo all’organizzazione criminale, e sono state condotte nelle province di Ancona, Fermo, Ferrara, Catanzaro, Modena, Macerata, Siracusa e Verona. Sotto la lente della Dda di Ancona sono finiti anche un Caf maceratese e un casolare nelle campagne della stessa provincia, meta abituale dei clandestini.

Da dove viene “Wet Shoes”, il nome dell’operazione

L’operazione “Wet Shoes” prende il nome da una conversazione intercettata dagli inquirenti nel corso di uno sbarco di clandestini avvenuto a Mazara del Vallo, nella quale uno dei componenti dell’organizzazione diceva di aver paura di essere controllato dalle forze di Polizia con gli stranieri appena sbarcati, che avevano ancora «le scarpe bagnate».

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di Agnese Russo - 31 Gennaio 2023