Campania, le primarie del Pd di De Luca si tingono di giallo. E non per colpa dei cinesi

4 Feb 2023 12:08 - di Francesca De Ambra

Il cinese uccide ancora“. A leggere le cronache di queste ore sul congresso del Pd, calzerebbe alla perfezione come titolo del sequel delle primarie di quel partito in Campania. Forse perché  quei cinesi diligentemente in fila davanti ai seggi dem di Napoli li ancora abbiamo davanti agli occhi. Oggi non sono loro a tingere di giallo (in ogni senso) il congresso del Pd, ma piccoli Comuni che si gonfiano di iscritti fino a strariparne, a dispetto del numero di voti conquistati alle elezioni. Una sorta di miracolo della moltiplicazione delle tessere e dei bonifici con epicentro le province di Caserta, Avellino e Salerno, feudo esclusivo del governatore Enzo De Luca.

Tesseramenti anomali nella regione di De Luca

E proprio a lui conducono tutti gli indizi delle anomalie fin qui registrate. A cominciare da Sessa Aurunca, estremo nord della regione, dove – fonte Corriere della Sera – a fronte di 1300 preferenze raggranellate alle elezioni politiche, il Pd oggi può contare su ben 900 iscritti. Qui il ras è Gennaro Oliviero, presidente del Consiglio regionale e, come tale, legato a filo doppio a De Luca. Entrambi, infatti, sostengono Stefano Bonaccini. Oliviero si è difeso collegando il boom di iscritti alla «novità» rappresentata a suo dire dal governatore emiliano. Ma la pezza si è rivelata peggiore del buco.

Nella città del presidente del Consiglio regionale 900 iscritti su 1300 voti

«Come fa a sapere che il magico e improvviso aumento riguarda un solo candidato?», gli ha infatti obiettato Marco Furfaro, portavoce della mozione che fa capo ad Elly Schlein. Ma i conti – informa Repubblica – non tornano neppure a Caserta città e Casal di Principe. Tanto è vero che l’ex-senatore Sandro Ruotolo ha già chiesto di fermare i motori. I veleni lambiscono anche l’Irpina, dove – scrive il Mattino – «un pugno di paesi con un migliaio di abitanti appena si ritrova con centinaia di tessere Pd». A pagarle, denunciano in un ricorso alle commissioni nazionale e regionale del partito alcuni dirigenti di Avellino, è stato «un sindaco estraneo del Pd». E, si sa, i sindaci sono i più sensibili al richiamo del potere regionale.

Trasparenza saltata

Indizi, appunto. E tuttavia sufficienti a far cadere sulla mozione Bonaccini – che trova nei De Luca padre e figlio (Pietro, vicecapogruppo a Montecitorio) un insostituibile punto di forza – i sospetti di una gestione quantomeno disinvolta dei tesseramenti. E dire che i dem avevano assicurato la massima trasparenza: nessuno avrebbe potuto pagare più di tre tessere. Poi la regola è saltata con una mail di pochi giorni fa. Stabilisce che i segretari e i loro delegati possono fare bonifici cumulativi. E tanto è bastato a far spalancare le cateratte. Ironia della sorte, a vigilare sulla regolarità delle operazioni in Campania c’è l’eurodeputato Franco Roberti, già procuratore nazionale antimafia. Evidentemente, il Pd di De Luca non è pane neanche per i suoi denti.

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