Caso Amara, l’ex-consigliere Csm Marra: sbalordito da nomi Loggia Ungheria, strappai tutto e lo buttai

23 Feb 2023 16:35 - di Roberto Frulli
CASO_AMARA_L'EX-TOGATO_DEL_CSM_GIUSEPPE_MARRA

Restò sbalordito sia dalla presunta Loggia Ungheria, raccontata a verbale dall’ex-consulente legale dell’Eni, Piero Amara, sia dai nomi che emergevano e, per questo il magistrato Giuseppe Marra, all’epoca membro togato del Consiglio Superiore della Magistratura, ritenendo che quelle carte, consegnategli da Piercamillo Davigo, “scottavano” le strappò e le buttò.

E’ questa la testimonianza resa oggi da Marra, sentito come testimone assistito nel processo bresciano che vede imputato Piercamillo Davigo per rivelazione di segreto d’ufficio nell’inchiesta sulla presunta loggia Ungheria.

In aula Marra ricostruisce l’incontro con l’ex-collega del Consiglio superiore della magistratura e l’urgenza di Davigo di comunicargli quanto dichiarato dall’avvocato Piero Amara ai magistrati milanesi: “Restai a bocca aperta, sbalordito, che ci fosse una loggia massonica e che la procura di Milano non avesse voluto fare indagini“, dice ora Marra.

In un incontro a pranzo avvenuto l’8 giugno 2020, “mi raccontò che il pm Paolo Storari – che non ho mai conosciuto, né visto -, si era recato da lui spiegando che nel corso dell’interrogatorio di Amara, indagato a Milano, aveva riferito ai pm dell’esistenza di una loggia massonica a cui aderivano numerosi magistrati e forze dell’ordine. Davigo – ricostruisce Marra oggi – si era fatto carico di rassicurare Storari che si trovava in difficoltà perché la Procura di Milano non aveva intenzione di iscrivere. In quei dieci minuti che ho visto quei fogli (verbali, ndr), la mia attenzione fu tutta concentrata sul contenuto e non sulla forma, restai a bocca aperta”.

“Feci la domanda se fosse legittimo che Storari gli avesse consegnato i verbali brevi manu e non con la procedura, ossia l’invio di un plico al Comitato di presidenza. Davigo – ricorda Marra – mi disse che il segreto investigativo non è opponibile al Csm e quindi neanche al singolo consigliere e, tra le prime cose che mi disse, è che aveva già informato i vertici istituzionali del Consiglio e che era stato informato il Capo dello Stato‘. Mi informò perché io avevo rapporti di amicizia con il consigliere Ardita, mi disse ‘Fai attenzione alla comunicazione con Ardita‘”.

Davigo, aggiunge il magistrato, fu “molto cauto” sulla presunta inerzia della procura di Milano, così come “non aveva nessun elemento per capire se le affermazioni di Amara avevano un fondamento, ma mi disse che sembrava inverosimile che una persona per nulla sprovveduta si inventasse tutto, rischiando una calunnia clamorosa contro 30-40 persone delle istituzioni” ricorda Marra.

Piercamillo Davigo lasciò personalmente sulla scrivania del ‘collega’ Giuseppe Marra una cartellina con i verbali secretati in cui l’avvocato Piero Amara svelava ai pm di Milano la presunta esistenza della loggia Ungheria. Un passaggio di consegna, Davigo andava in pensione, “perché forse in quel momento ero la persona a lui più vicina” racconta sempre in aula Marra.

“Dopo due-tre settimane” dall’addio di Davigo “le distrussi. Erano cose che preferivo non avere perché era una cosa che non si capiva se ci fosse, erano documenti che scottavano, non volevo guardarli. Li ho strappati, li ho messi una busta grande e li ho buttati in un cassonetto della carta. Se devo rimproverarmi, mi rimprovero di questo, di non averli dati a Ermini (ex-vicepresidente del Csm, ndr), così non mi ritrovavo in questo pasticcio” racconta il magistrato che ripercorre in aula la nascita dell’inimicizia tra Davigo e l’ex componente del Csm, Sebastiano Ardita, parte civile nel processo.

Prima di Marra era stata chiamata Marcella Contrafatto, ex-segretaria di Piercamillo Davigo, ma si è avvalsa della facoltà di non rispondere perché se è stata prosciolta dall’accusa di calunnia, su di lei – svela l’avvocato Alessia Angelini c’è una seconda indagine a Roma per rivelazione del segreto d’ufficio e favoreggiamento personale la cui ultima proroga risale allo scorso maggio e che “è ancora pendente come da certificato rilasciato il 18 febbraio 2023”.

Presente in aula, l’ex-segretaria oggi in pensione si è seduta al banco dei testimoni (assistita dal difensore) per ascoltare le dichiarazioni spontanee rese in due occasioni a Roma – e acquisite dalla corte bresciana – in cui nega di aver mai trasmesso i verbali secretati alla stampa.

“Dal giorno della perquisizione la mia vita è stata stravolta, ho subito un vero trauma, trattata come la peggiore dei delinquenti, la stampa mi ha ribattezzato il ‘corvo del Csm’, mi hanno ritenuto responsabile senza neanche aver aspettato il processo“, alcune delle sue vecchie dichiarazioni lette in aula dal presidente della corte, il giudice Roberto Spanó.

 

 

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