Conte, Calenda, Gelmini: quelli che ha sempre torto Meloni e sempre ragione Macron
Forse aspirano ad essere insigniti della Legion d’onore. Del resto, in Italia l’onorificenza abbonda quasi quanto quella dei Cavalieri al merito della Repubblica. Con la differenza che quest’ultima è italiana mentre la prima è francese. In verità, ce ne sarebbe anche un’altra, tutta politica: l’onorificenza d’Oltralpe viene appuntata solo su petti di sinistra. Qualche anno fa – tanto per citare qualche nome e cognome – la restituirono Sergio Cofferati, Giovanna Melandri e Corrado Augias, giustamente sdegnati al solo pensiero di ritrovarsi sul bavero lo stesso distintivo consegnato da Macron ad al-Sisi, il raìs egiziano, pesantemente compromesso con la brutale uccisione del nostro Giulio Regeni.
Macron li insignisca della Legion d’onore
Eh sì, forse ci toccherà farcene una ragione: da sempre la Francia può contare su profonde simpatie, ovviamente non ricambiate, da parte di pezzi consistenti e autorevoli della nostra classe dirigente. Non stupisce, perciò, che esponenti politici come Maria Stella Gelmini (quam mutata ab illa!), Carlo Calenda e Giuseppe Conte attacchino Giorgia Meloni se questa fa notare che invitare Zelensky a cena all’Eliseo alla presenza del solo Olaf Scholz non era proprio uno spot in favore della Ue e della tanto predicata e poco praticava unità europea. Ragionevole, no? Non per i tre aspiranti alla Legion d’onore, lestissimi a sproloquiare di «autogol» di una Meloni «vittima della sua stessa narrazione da partito di opposizione». L’underdog, insomma, uccide ancora.
A sinistra diversamente patrioti
Morale: chi fa danni alla compattezza europea sull’Ucraina non sono Macron e Scholz, che trattano gli aiuti a Kiev alla stregua di un dossier franco-tedesco, ma la Meloni che lo fa notare. Chissà, forse il patriottismo è come il coraggio di don Abbondio: se uno non ce l’ha, non se lo può dare. Fatto sta che in questo mix tra paraculismo e provincialismo hanno sempre ragione gli altri e torto noi. Sia come sia, purtroppo per loro, a cancellare ogni dubbio in merito ha provveduto lo stesso Macron, rivendicando la scelta fatta. «Germania e Francia hanno un ruolo particolare da otto anni su questa questione», è stata la sua replica. Che un po’ ricorda quella del Marchese del Grillo («io so io e voi nun siete un c…o»).
La guerra in Ucraina non riguarda solo Parigi e Berlino
Ironie a parte, è evidente che la toppa del presidente francese è peggiore del buco. Riesumare gli accordi di Minsk, mediati all’epoca da Hollande e Merkel, per giustificare l’esclusiva franco-tedesco sull’Ucraina è una pretesa alquanto singolare. E sì, perché alla luce della furia della guerra in corso quegli accordi sono ormai preistoria. La realtà è ben diversa e molto più prosaica: Macron e Scholz hanno problemi politici interni e utilizzano il loro arrugginito asse solo per nasconderli. Ma l’Ucraina non è solo affar loro visto che anche l’Italia paga un tributo salatissimo al conflitto in corso. La Meloni lo ha solo ricordato. A buon diritto. Se ne facciano una ragione anche i macroniani di casa nostra.