Ennio Flaiano, genialità e solitudine di un “alieno”: irrise comunisti e conformismo come pochi altri

17 Feb 2023 14:09 - di Massimo Pedroni
Ennio Flaiano

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

Rosetta, Ennio e Lè-Lè. Madre, padre e figlia. Questi sono i componenti della famiglia dello scrittore e sceneggiatore Ennio Flaiano. Personaggio noto nella Roma degli anni della Dolce vita per la battuta o l’aforisma fulminante. Strumenti di un solido artigianato fatto di attenta osservazione del genere umano che lo circonda e di una versatilità da giocoliere nell’uso del linguaggio. Abilità tale da consentirgli d’infilzare agevolmente conformismi e codardie. Comportamenti che nella loro paludosa serialità entravano nel mirino di quel cecchino delle banalità che era l’intellettuale abruzzese. Flaiano infatti era nato a Pescara il 5 marzo del 1910. La casa dove ebbe i natali, era poco distante dalla residenza familiare di Gabriele D’Annunzio. Renato Minore e Francesca Pansa sono autori di “Ennio l’alieno” pubblicato da Mondadori, libro che tra il crescente consenso di pubblico e rilevante attenzione della critica è già stato indicato come uno dei libri che parteciperà al Premio Strega di quest’anno. Gli autori, votati da sempre alla poesia e alla letteratura, trovarono su questi territori interessi comuni e complicità intellettuale. Valori che ben presto sconfinarono in una intensa intesa affettiva coronata con il matrimonio.

La biografia di Flaiano di Minore e Pansa

Come si afferma nella presentazione, il lettore non si trova, solo, di fronte a una documentatissima e precisa biografia, dotata di tutti quei didascalici schematismi che possono rendere talvolta algidi lavori simili. Il libro in questione non corre di certo questo rischio. La temperie di “Ennio l’alieno” è calda. Non corre questi pericoli. Si sente il vibrare delle personalità contrastate dalla vita dei coniugi Flaiano; di certi disincanti professionali di Ennio. Come nel caso del fiasco clamoroso conseguito con l’allestimento della sua commedia “Un marziano a Roma”. Allestimento che vantava la presenza di Vittorio Gassman. Avvenimento che indusse l’autore a rinchiudersi in casa per qualche tempo. L’interruzione della sua abituale vita mondana trascorsa in serate, fino a notte inoltrata in compagnia degli amici per i Caffè di via Veneto, fu notata e sottolineata dalla battuta “L’insuccesso gli ha dato alla testa”.

Tutto viene preso sul serio in questo benedetto paese eccetto le cose serie”

La narrazione è puntuale e approfondita. Costituita da passaggi che accompagnano il lettore nelle stanze più segrete dell’animo e della vita dello scrittore. “Tutto diventa materia di esibizione e di rotocalco. Tutto viene preso sul serio in questo benedetto paese eccetto le cose serie”, da una lettera a Giambattista Vicari. Considerazioni taglienti. Operate su un mondo al quale a una prima occhiata sembrava che l’alieno facesse parte a pieno titolo. Gli umori, le passioni, la superficialità, i pettegolezzi di quel mondo della Roma notturna. O di città quale la sua indimenticabile Pescara. I cui personaggi della “flanella” di una città provinciale furono travasati da Flaiano sceneggiatore in bozzetti azzeccatissimi di personaggi in uno dei primi film nei quali collaborò con Federico Fellini. “I vitelloni”, titolo che fu suggerito proprio dall’autore pescarese.

Il genio e la solitudine

Fin dall’infanzia il piccolo Ennio si era trovato a doversi confrontare con situazioni laceranti. Ultimo di sette figli, si sentì accettato in famiglia quasi come fosse un esubero. Dolorosa considerazione, che ebbe modo di consolidarsi a causa dei trasferimenti subiti in svariati collegi disposti dal padre Cetteo commerciante di dolciumi spezie ed elisir. Padre privo di tenerezze, la madre con le costanti incombenze familiari da affrontare e l’addoloramento per i continui tradimenti del marito. Atmosfera pesantissima nel suo complesso, con la costante sensazione di essere escluso dagli affetti e dalla comprensione della famiglia. “Sono il figlio minore… Sono arrivato, come si dice a tavola sparecchiata, alla frutta. Ma non può essere soltanto questa la ragione del silenzio che mi accoglie puntualmente ogni volta che rientro a casa”: un sentire di amara solitudine ed emarginazione che seguendo altri parametri si ripresenterà nel corso della sua vita.

Il Premio Strega con “Tempo di uccidere”

Nel corso della lettura con accenni misurati viene profilata una situazione dell’uomo adulto Ennio che andrà a incidere drasticamente sulla vita sua e della consorte. Le collaborazioni giornalistiche si avvicendarono in un crescendo di considerazione e affermazione personale. Prima della guerra collaborò con il primo rotocalco italiano “Omnibus” diretto da Leo Longanesi, personaggio che lo spronò a scrivere il suo unico romanzo “Tempo di uccidere” con il quale si vide assegnare la vittoria della prima edizione del Premio Strega. Le porte di altre testate si aprirono ai suoi contributi, Oggi, Il Corriere della sera. Dove si trovò più a suo agio fu senza dubbio il rotocalco “Il Mondo” di Mario Pannunzio.

“Non sono comunista perché non posso permettermelo”

In quegli anni schierarsi politicamente era quasi un atto dovuto. Con una delle sue battute al fulmicotone fece la scelta di campo “Non sono comunista perché non posso permettermelo”. Nell’illustrare l’evoluzione della vita professionale di Ennio, gli autori segnalano una vita personale gravata da un grande dolore familiare. Causato dalla imprevista quanto inattesa mordace disabilità di Lé-Lé. L’unica figlia. Strazio interiore, che affrontava con grande dignità. Del quale, forse perché non riusciva a trovare le parole e il tono giusto, faceva solo dei rarissimi accenni. Mentre gli sguardi dati e le occhiate del mondo stracciavano riserbi e pudori. Uno degli amici più cari, Federico Fellini con il quale collaborò alla stesura di sceneggiature di dieci suoi film, assiduo frequentatore di casa Flaiano, non mostrò alcuna sorta di partecipazione emotiva su quella angosciante frontiera con la quale lo scrittore di Pescara doveva cimentarsi quotidianamente. Non per questo, ma forse anche per questo, Ennio decise di troncare il sodalizio creativo con il regista di Rimini.

Il sogno nel cassetto

Flaiano ha un sogno nel cassetto, che nonostante l’esperienza come sceneggiatore e le diffuse conoscenze nel settore, rimase tale. Quello della realizzazione di un suo film, del quale avrebbe curato anche la regia. Questo buco nell’acqua, dopo l’interessamento al suo progetto di produttori e attori di fama provocò nel regista mancato una graffiante frustrazione.I l libro, a un certo punto si accende di mille riverberi ulteriori. Raggiera di schegge che coinvolgono la sensibilità del lettore. Con una consistenza imprevista. Spiazzante. L’ultimo capitolo dedicato alla estenuante traversata di Rosetta dallo sguardo ombrata dalle paure, l’ignoranza e i pregiudizi della società dell’epoca non ancora attrezzata a confrontarsi con l’universo della disabilità. La loro Lé-Lé soffriva in maniera visibilmente pronunciata, di coordinamento motorio e di fluidità nei processi cognitivi. Situazione che ad esempio negli stabilimenti balneari, inducevano le madri a richiamare i figli sotto l’ombrellone, una volta che si fossero avvicinati troppo alla piccola di casa Flaiano.

Il dramma familiare che imbarazzava l’Italia dell’epoca

Realtà che ancorava i genitori della piccola a doversi confrontare quotidianamente con carichi di responsabilità, smarrimento, dolore alternato da effluvi di speranza. Sotto questo profilo, fermo restando le conflittualità vissute costantemente da Ennio, Rosetta e consorte nell’Italia di qualche decennio fa, erano visti come degli alieni. Francesca Pansa e Renato Minore, oltre alla contrastata figura di Ennio, ci ripropongono uno spaccato di un “come eravamo”che fa arrossire dalla vergogna. Flaiano, che per tanti anni aveva vissuto nella capitale, mantenendo con essa sempre un rapporto di amore e odio, segnando un distacco e alterità da tutti e tutto, dispose di essere tumulato nel piccolo cimitero di Maccarese. Contesto che forse commenterebbe con uno dei suoi celebri aforismi “Coraggio. Il meglio è passato”.

 

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *