Il Papa ai religiosi del Sud Sudan: «Alzate la voce contro le ingiustizie e la prevaricazione»
«Tendere le mani, rialzare i fratelli, ricordare loro che Dio è fedele alle sue promesse, esortarli ad andare avanti. Le nostre mani sono state “unte di Spirito” non solo per i sacri riti, ma per incoraggiare, aiutare, accompagnare le persone ad uscire da ciò che le paralizza, le chiude, le rende timorose». Il Papa nella sua seconda giornata in Sud Sudan dopo aver celebrato la messa in privato, si è trasferito in auto alla Cattedrale di S. Teresa di Giuba per l’incontro con i vescovi, i sacerdoti, i diaconi, i consacrati e le consacrate ed i seminaristi. Poi vedrà gli sfollati.
Sud Sudan, il Papa alla Cattedrale di Giuba
Al suo arrivo è stato accolto dall’arcivescovo di Giuba, mons. Stephen Ameyu Martin Mulla, e dal parroco che gli ha dato la croce e l’acqua benedetta. Insieme hanno percorso la navata centrale per raggiungere l’altare. Quindi, dopo il canto d’ingresso e il saluto del presidente della Conferenza Episcopale del Sudan, S.E. Mons. Yunan Tombe Trille Kuku Andali, Vescovo di El Obeid, un sacerdote ed una suora hanno dato la loro testimonianza. Poi il discorso di Papa Francesco.
Il Papa: «Denaro e potere non danno risposta alla sofferenza del popolo»
Bergoglio ha subito messo in guardia: «A volte, sotto sotto pensiamo di essere noi il centro, di poterci affidare, se non in teoria almeno in pratica, quasi esclusivamente alla nostra bravura; o, come Chiesa, di trovare la risposta alle sofferenze e ai bisogni del popolo attraverso strumenti umani, come il denaro, la furbizia, il potere».
«Invece – ha detto Bergoglio – la nostra opera viene da Dio: Lui è il Signore e noi siamo chiamati a essere docili strumenti nelle sue mani. E questo lasciarci plasmare docilmente che ci fa vivere in modo rinnovato il ministero. Davanti al Buon Pastore, comprendiamo che non siamo capi tribù, ma Pastori compassionevoli e misericordiosi; non padroni del popolo, ma servi che si chinano a lavare i piedi dei fratelli e delle sorelle; non un’organizzazione mondana che amministra beni terreni, ma la comunità dei figli di Dio».
«Spogliamoci della nostra presunzione umana»
Quindi, il monito: «Facciamo come Mosè al cospetto di Dio: togliamoci i sandali con umile rispetto , spogliamoci della nostra presunzione umana, lasciamoci attrarre dal Signore e coltiviamo l’incontro con Lui nella preghiera; accostiamoci ogni giorno al mistero di Dio, perché bruci le sterpaglie del nostro orgoglio e delle nostre ambizioni smodate e ci renda umili compagni di viaggio di quanti ci sono affidati».