Joan Baez racconta i suoi periodi oscuri, dalle molestie del padre agli attacchi di ansia (video)
L’usignolo di Woodstok toglie il velo dai segreti che l’hanno angosciata per anni. «Non ho mai raccontato prima quello che c’è in questo film, mai. Ho dovuto aspettare che i miei genitori, tutta la mia famiglia, non ci fossero più». Joan Baez in un’intervista a “la Repubblica” parla del documentario I am a noise presentato alla Berlinale che ne ripercorre sessant’anni di gloriosa carriera. E che, a sorpresa, si addentra in segreti e drammi familiari — le molestie del padre, la gelosia della sorella, i suoi attacchi di ansia e l’instabilità mentale — che restituiscono un’immagine lontana dalla “santa” pacifista amata dalle folle.
Joan Baez: «Vedere questo film mi travolge»
Sono ricordi dolorosi: «Molto. A volte rivedere questo film mi travolge», dice l’icona folk. «Altre penso che sia bello e sono felice di averlo portato a Berlino, dal pubblico. Sotto il mio sorriso tranquillo — sono cresciuta sotto i riflettori — ho nascosto tanta sofferenza. A quindici anni i dottori pensavano al ricovero per i problemi mentali, io depressa e sofferente e ansiosa. Le reazioni qui sono state buone. In tanti hanno problemi di ansia, difficoltà per la maternità, problemi sentimentali. Che ne parli qualcuno di famoso è liberatorio, ti fa pensare che possa farlo anche tu. Voglio raccontare sinceramente chi sono stata. Posso farlo, non ho niente da perdere».
«Non ho comprensione per i miei nonni»
Il padre, fisico pacifista, ha molestato Joan Baez e sua sorella. «Ho lavorato tanto su me stessa, oggi non ho più risentimento. So che mio padre ha vissuto qualcosa di simile, che si è tramandato in famiglia e che ne ha sofferto anche lui. Forse anche i miei nonni, ma non ho comprensione per loro. Mio padre era un brav’uomo, ma io e mia sorella ci siamo confrontate, non abbiamo frainteso o confuso. Ho aspettato che lui non ci fosse più per affrontare la cosa e condividerla». La cantante parla di Martin Luther King e delle manifestazioni per ottenere i diritti civili. «I diritti ottenuti con quelle lotte non ci devono essere tolti. Ma le cose sono andate male da allora, in Usa c’è un’altra ondata di male. Allora eravamo compatti ad affrontare ogni azione non violenta. Ora c’è il caos. Non sappiamo cosa farà finalmente la differenza. Ogni nuovo ragazzo nero che viene ucciso è un dolore insopportabile».
Joan Baez: «Prima avevamo Joni Mitchell e Bob Dylan…»
Anche la musica era uno strumento potente. Oggi «potrebbe esserlo», dice Joan Baez. «Ma non credo che sia organizzata per farlo. Tutto è frammentato, pensieri sparsi, organizzazione disperse. Come non bastasse c’è stato il Covid, e negli Stati Uniti c’è una guerra per la propaganda. Cercare di sfondare con qualcosa di intelligente è difficile. Uno dei problemi è che allora avevamo Joni Mitchell, Bob Dylan. Oggi c’è molta buona musica, ma quei talenti non sono stati sostituiti». Quali pensieri la preoccupano? «Il riscaldamento globale, l’estinzione di alcuni animali. Nel film c’è quell’uccellino che cinguetta, l’ascolto sempre: aspetta il controcanto degli altri. Prima erano centinaia. Ora nessuno risponderà».