L’avvocato Di Gregorio: “Così scoprimmo che Scarantino mentiva, ma i pm non ci credettero”

20 Feb 2023 16:54 - di Redazione

È stata per anni legale del boss Bernardo Provenzano, e oggi, da avvocato di parte civile di alcuni degli otto innocenti accusati ingiustamente dal falso pentito Vincenzo Scarantino di avere avuto un ruolo nella strage Borsellino, l’avvocato Rosalba Di Gregorio ricorda, parlando con l’Adnkronos, l’odissea che lei è tanti altri difensori hanno dovuto affrontare per combattere contro i pm che davano totale credito al finto collaboratore di giustizia.

Noi avvocati non fummo creduti, eppure per anni abbiamo detto ai pm e ai giudici che Vincenzo Scarantino mentiva. Che era uno psicolabile – ricorda la Di Gregorio. – Ma non solo non fummo creduti, i magistrati ci guardavano come fumo negli occhi. Solo tanti, troppi anni, dopo ci credettero. Ma ormai era troppo tardi, otto innocenti finirono ingiustamente in carcere con un’accusa gravissima: l’avere partecipato alla strage di via D’Amelio”.

L’abuso, da parte di alcuni pm, dei pentiti, che, pure, se usati con intelligenza, sono serviti a risolvere tanti casi, ha dato il via a vicende giudiziarie clamorose che hanno distrutto vite, famiglie e carriere. Come questa di Scarantino.

Rosalba Di Gregorio fa le sue valutazioni all’indomani dello sfogo in tv di Vincenzo Scarantino. Che ieri sera, durante ma trasmissione di Giletti ‘Non è l’Arena’, ha detto di vivere di “rimorsi” per avere accusato degli innocenti.

L’avvocato, che è in attesa delle motivazioni del processo per il depistaggio sulle indagini sulla strage di via D’Amelio, per il quale sono finiti  alla sbarra tre funzionari di polizia, Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo, ancora non riesce a capacitarsi dell’atteggiamento testardo di quei magistrati che dettero credito a Scarantino.

“Che Scarantino fosse psicolabile lo abbiamo provato”, dice la legale. Che ricorda i confronti fatti durante le indagini sulla strage Borsellino, tra Scarantino e tre collaboratori di giustizia: Salvatore Cancemi, Gioacchino La Barbera e Santino Di Matteo, quest’ultimo il padre del piccolo Giuseppe Di Matteo, il bimbo sequestrato per costringere il padre a non parlare, e poi ucciso e sciolto nell’acido.

“Ricordo come fosse ieri, una frase di Scarantino che fece inorridire Cancemi – dice Rosalba Di Gregorio – quando Scarantino, parlando delle gerarchie in Cosa nostra e il suo ruolo, disse ‘Guardia’, invece di ‘soldato’. Cancemi era inorridito. E disse che stava recitando un copione. Ma non fu creduto”.

Quel confronto, fatto nel corso delle indagini, restituisce uno spaccato di ciò che è la mafia. Cancemi si rivolse subito a Scarantino e gli disse: “Guarda, guardami! Ti posso dare del tu? Perché io non ti conosco, non ti ho mai visto nella mia vita… ”. Scarantino replicò: ”Io lo conosco”. E Cancemi: “Ma tu sei uomo d’onore? Sai che significa, che vuol dire uomo d’onore? Che intendi tu? Spiega che significa uomo d’onore. Tu non lo sai cosa significa uomo d’onore, tu sei un bugiardo. Chi te l’ha fatta questa lezione? Dicci la verità, devi dire la verità, ma chi ti conosce, ma chi sei? Ascoltami, ascoltami, io t’invito a dire la verità qua, in presenza di questi signori giudici, chi ti ha fatto questa lezione? Chi ti ha detto di dire queste cose? Chi ti ha messo queste parole in bocca? Tu se sei veramente una persona seria… Chi te l’ha detto? Dici la verità. Qua se tu hai coraggio, se sei uomo d’onore, perché tu nemmeno sai che significa la parola uomo d’onore“.

Cancemi si rivolse, poi, ai magistrati: “Attenzione, state attenti è falso, non credete nemmeno a una virgola di quello che vi sta dicendo, perché non so chi è, non lo conosco, io sono convinto, io sono convintissimo… che a questo qua (Scarantino, ndr) queste parole gliele hanno messe in bocca, gli hanno fatto una lezione e ora la sta ripetendo”.

L’ex-boss Cancemi, che invece aveva avuto una parte attiva nella strage di via D’Amelio, intuì subito che Vincenzo Scarantino non dicesse la verità e che era “mandato” da qualcuno. Insomma, che fosse stato imbeccato.

Negli anni alcuni legali, tra cui l’avvocato Rosalba Di Gregorio, denunciò “per comportamento omissivo” i pm del processo di Caltanissetta, Annamaria Palma, Carmelo Petralia e Nino Di Matteo.

Ma, il 25 febbraio 1998, il gip di Catania archiviò l’inchiesta aperta nei confronti dei sostituti procuratori.

I giudici scrissero che quella condotta dei pm, che depositarono i verbali comunque entro la fine del processo “Borsellino bis”, era priva di alcun “comportamento omissivo”.

Ma le stranezze in questa vicenda che ha assestato un durissimo colpo alla reputazione dei tanti, troppi, cosiddetti “professionisti dell’Antimafia”, come li chiamava Sciascia, sono molte.

La Di Gregorio ricorda un altro aneddoto: “Perché furono nascoste le intercettazioni, furono nascoste nei fascicoli di atti relativi?”, dice oggi. “Pezzi della strage nascosti, poi sono arrivate ma le ha trovate la nuova Procura di Caltanissetta“, quella guidata da Sergio Lari, con i pm Gabriele Paci e Stefani Luciani.

“Un sacco di documenti li abbiamo trovati solo ora, erano ‘ammucciati’ (nascosti ndr) – dice Di Gregorio – quando li infili nei faldoni di atti relativi, e li hai imboscati, non li vede nessuno. E se nonostante la mancanza di questi atti siamo riusciti a fare un ‘casino’, è stato solo per la nostra caparbietà”.

“Ci sono una serie di elementi processuali dai quali si capiva che Scarantino mentiva”, dice ora l’avvocato Di Gregorio. “E poi, perché affidare quelle indagini al Gruppo investigativo Falcone e Borsellino, guidato da Arnaldo La Barbera. Perché lo dovevano istruire, è semplice…”.

“Noi quei pm li abbiamo denunciati in aula – dice ancora Rosalba Di Gregorio – ma non fummo mai creduti“. Parla poi di atti “che non furono depositati“. Carte che riguardavano gli imputati del processo per la strage: “Noi dicemmo al Presidente ‘Vuole dire ai pm di depositare quelle carte?‘ Ma la risposta era sempre la stessa: ‘No, non riguardano gli imputati‘. Ma non era così”.

“Abbiamo fatto continue dichiarazioni pubbliche, conferenze stampa ma non accadde nulla – dice ancora la legale – Non ci credevano ma credevano a Scarantino. Come quando chiesi la perizia psichiatrica“. E ricorda: “Quando ci fu la ritrattazione in aula di Scarantino, a Como – dice – loro dissero che la credibilità di Scarantino usciva rafforzata perché c’erano due avvocati che erano i registi occulti, gli avvocati Scozzola e Petronio”. “E’ chiaro che non ci fossero registi occulti, eppure noi avvocati fummo trattati come carne di porco perché assistevamo dei mafiosi”.

“Ieri sera Scarantino ha confermato di avere parlato con l’allora Procuratore Tinebra prima degli interrogatori formali”, dice Rosalba Di Gregorio.

“Perché non ha detto cosa si dicevano? – si chiede la legale. – Invece è rimasto zitto…Perché? Da cosa si spaventa, ancora oggi?”.

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