Lombardia, Santanchè: «Avevamo 2 consiglieri, oggi sono 22. Parleremo con Fontana»
Le definisce «una sorta di primo tagliano» per il governo e ammette che «direi una bugia se dicessi che non sono contenta del primato di FdI». Il ministro del Turismo, Daniela Santanchè, analizza il voto in Lombardia, dove è coordinatrice regionale di FdI. Un voto che ha confermato il ruolo trainante del partito nella coalizione e dal quale «il governo Meloni esce ancora più forte». «Gli italiani – ha sottolineato Santanché – credono in lei, è indubbio che goda di grande consenso. In questi mesi ha dimostrato di saper meritare la loro fiducia. Il traino Meloni ha funzionato e non riconoscerlo – ha chiarito – vuol dire non saper leggere la politica».
Santanchè: «In Lombardia avevamo 2 consiglieri, oggi sono 22. È diverso»
Intervistata da La Stampa, Santanchè si è poi soffermata sui nuovi assetti che gli elettori hanno determinato per la Lombardia, ricordando che «siamo il primo partito e dobbiamo essere generosi con gli alleati, però naturalmente ognuno avrà il giusto peso in giunta». Non si tratta di una questione di richieste o posti, ma di dare vita a una forte squadra di governo regionale. «In Lombardia chiedete posti?», è stata la domanda di Antonio Bravetti, che firma l’intervista. «Non ho in mente cosa chiedere, voglio prima vedere gli uomini e le donne a disposizione. Occorre una giunta forte, con le migliori personalità, per dare risposte ai lombardi e per fare ancora meglio di quanto fatto finora», ha chiarito Santanchè. Lo stesso Attilio Fontana ha spiegato in queste ore che «posso dire che nessun partito al momento mi ha fatto alcuna richiesta», rivendicando al suo ruolo di presidente il compito di fare sintesi, dopo che saranno stati «ascoltati tutti quanti».
«Parleremo con Fontana e troveremo un accordo»
La linea del dialogo è anche quella indicata da Santanchè, ricordando che «cinque anni fa FdI aveva due consiglieri e oggi 22. È diverso». «Parleremo con Fontana, troveremo un accordo», ha spiegato il ministro. Dunque, nessuna Opa, come pure alcuni retroscena vorrebbero far intendere, ma la normale definizione di equilibri dettati dalla scelta dei cittadini. L’esponente di FdI, del resto, lo ha detto chiaramente: «Sto con i piedi per terra e continuo a lavorare», ha risposto a una domanda su come ci si senta «a guardare tutti dall’alto dei numeri». «Io – ha replicato – soffro di vertigini, volare non è il mio mezzo preferito».
La sinistra in sofferenza e la necessità di «un’opposizione forte»
Quanto agli avversari, Santanchè ha spiegato che «mi pare difficile che Pd, M5S e Terzo Polo possano stare insieme». «Però mi auguro che sappiano ricostruire un’opposizione forte, ce n’è bisogno», ha aggiunto, spiegando di non volersi intromettere nelle faccende interne al Pd, dando un giudizio su Stefano Bonaccino o Elly Schlein, e limitandosi a dire che «al di là dei nomi vedo che la sinistra soffre molto». «Non è più la sinistra vicina al popolo, alla classe medio-piccola e alla fine questa cosa la paghi. E poi per anni si è riempita la bocca di politiche al femminile, ma ancora soffre il fatto che la prima presidente del Consiglio donna è di destra. Giorgia Meloni ha scritto una pagina di storia che studieranno i miei nipoti», ha sottolineato, aggiungendo che «so quanto quotidianamente ne soffrano. Me lo confessano loro stessi, sa? Vedo le loro facce, Meloni a palazzo Chigi è uno schiaffo che ancora brucia. Molto».
Santanchè: «Il Pd è il partito dei banchieri. Per Milano è solo questione di tempo»
«Il Pd ormai è il partito dei banchieri, non si occupa più degli ultimi, delle periferie. Ma abbiate fede: per Milano è solo questione di tempo. Ne sono certa», ha proseguito Santanché, che del M5S ha detto che «non so se stanno scomparendo, di certo nelle urne non mi sembra siano pervenuti». Poi il focus è passato su tematiche di carattere più generale, dai risultati conseguiti dal governo, alle parole di Berlusconi sull’Ucraina, per le quali non c’è alcun motivo per chiedere un passo indietro del Cav, al quale semmai bisognerebbe piuttosto chiedere «un passo avanti per difendere i valori dell’Occidente e di un popolo invaso che combatte anche per noi».
Sanremo? «In Rai se è giusto cambiare si cambierà. Non siamo rosiconi»
Infine, Sanremo, che, le ha ricordato l’intervistatore, lei aveva definito “un po’ comunista”. «Il Festival è quella roba lì, da quando sono piccola ci sono le polemiche. Ma se fai il 64% di share io ho rispetto», ha chiarito, aggiungendo rispetto ai vertici Rai che «se è giusto cambiare si cambierà, ma non ci saranno ritorsioni». «Non siamo rosiconi o vendicativi, niente editti bulgari. Siamo diversi. Non paghiamo con la stessa moneta, non vogliamo diventare come loro. Deciderà – ha concluso il ministro – chi ha le competenze per farlo».