Rigopiano, il papà di una vittima: mio figlio vale 17mila euro per la giustizia. Marsilio: sorpreso dalla sentenza
Monta l’ira dei familiari delle vittime della tragedia di Rigopiano dopo la lettura della sentenza che riconosce solo 5 condanne lievi, compreso il sindaco del paese di Farindola escludendo tutti gli altri 25 imputati che vengono assolti dal giudice contro cui si scaglia, inferocito, chi ha perso i propri cari sotto quella tremenda valanga.
C’è l’amaro, imbarazzante, commento di Alessio Feniello, papà di Stefano, morto nella tragedia dell’hotel Rigopiano dove era andato, sei anni fa, per festeggiare il suo 28esimo compleanno insieme alla fidanzata, sopravvissuta: “mio figlio – dice Alessio Feniello – vale 17mila euro. Tanto ha deciso il giudice. La giustizia è morta“. Come dargli torto?
Erano i giorni della grande emergenza neve e tutto l’Abruzzo soffriva dei disagi dell’isolamento. Nella regione, già sconvolta dal maltempo, la mattina del 18 gennaio 2017 si verificarono tre scosse di terremoto molto pesanti.
All’interno dell’hotel Rigopiano, in quel momento, c’erano quaranta persone (28 ospiti, di cui quattro bambini e 12 dipendenti), che erano rimasti bloccati lì dopo che la forte nevicata aveva bloccato la strada che collegava il rifugio col fondovalle: nonostante gli appelli non si era riusciti a trovare una turbina spazzaneve per liberare il percorso.
Fu l’inizio della tragedia. Una valanga travolse l’albergo Rigopiano di Farindola, nel pescarese, schiacciandolo e imprigionando sotto tonnellate di neve e macerie le persone che si trovavano all’interno in quel momento.
Il bilancio fu pesantissimo: 29 morti, 11 superstiti miracolosamente sopravvissuti dopo essere rimasti ore e ore tra le macerie della struttura sommersa dalla slavina.
A poco più di sei anni dalla tragedia ecco la sentenza di primo grado per quella strage che toccò il cuore dell’Italia: cinque condanne e 25 assoluzioni.
“Non so perché, ma l‘esito della causa di Rigopiano non mi meraviglia. Anzi. Sono confermate tutte le perplessità ed anche i pronostici che avevo espresso già all’inizio di tutta la storia…. Anche se mi dispiace quanto accaduto, non mi sorprende affatto questo esito e conferma dubbi e tutte le perplessità riguardo a quella che si chiama giustizia – si lascia andare, con l’Adnkronos, l’Maria Grazia Piccinini. Che è la mamma di Ilaria Rambaldi, studentessa morta nel terremoto dell’Aquila del 2009. – Ancora una volta sono a chiedermi: ma ci sarà un giudice a Berlino? Noi è dal 2009 che combattiamo per avere giustizia e siamo ancora alle prese con sentenze discutibili e ricorsi”.
E’ questa, dunque, la Giustizia che può fregiarsi della G maiuscola?
Non tutti hanno la pacatezza di Maria Grazia Piccinini nell’incassare una sentenza che addolora.
“Signor giudice non finisce qui“, “Str… non mi frega un c…”, “peggio di così”, “ma come si è permesso? Ma non si vergogna?“, urla, rivolto al giudice Gianluca Sarandrea, Giampaolo Matrone, sopravvissuto alla strage di Rigopiano in cui ha perso la moglie Valentina Cicioni.
“In cinque faticavamo a tenerlo“, dice un familiare di un’altra vittima uscendo dall’aula.
“Sono sei anni che lottiamo per avere giustizia. Il giudice non lo sa cosa vuol dire tornare a casa e vedere la cameretta di un figlio vuota“, dice accorata , all’Adnkronos, Angela, mamma di Cecilia Martella, tra le 29 vittime di Rigopiano, dopo la lettura della sentenza da parte del giudice Gianluca Sarandrea.
“Ci vogliono vedere a terra, ma noi rimaniamo combattivi come sempre”, dicono altri familiari delle vittime di Rigopiano dopo che è esploso il caos in aula alla lettura della sentenza nell’aula del Tribunale di Pescara con urla e insulti contro il giudice Sarandrea.
“Nessuno di noi si aspettava questo risultato – dice spiazzata e incredula Mariangela, mamma di Ilaria Di Biase. – Certo non speravamo nell’accoglimento delle richieste della Procura, ma nemmeno questa vergogna. Stamattina a Ilaria ho chiesto ‘pensaci tu’, ma non è servito. Andiamo comunque avanti, mia figlia è accanto a me, io la sento“.
“E’ un dato di fatto che sia stato cancellato il disastro colposo, non sussiste. – spiega all’Adnkronos cos’è tecnicamente accaduto il procuratore capo di Pescara, Giuseppe Bellelli. – La sentenza lo ha escluso, così come le accuse più gravi. Non sono state accolte le nostre richieste, se non in minima parte”.
“Una sentenza in gran parte difforme dalle nostre conclusioni – ribadisce. – La nostra posizione l’abbiamo espressa nel processo e sarà verosimilmente espressa in un atto di impugnazione, lette le motivazioni“.
“La fotografia di ciò che è stato oggi è che le ipotesi accusatorie della Procura non sono state ritenute valide dal magistrato giudicante. – ricostruisce l’avvocato Romolo Reboa, legale di parte dei familiari delle vittime di Rigopiano. – E stato smantellato, di fatto, il quadro accusatorio e purtroppo la sentenza non mi ha stupito, logica conclusione di un percorso che avevo già intuito in questi anni processuali”.
“La sentenza provoca dolore e sorpresa, e non possiamo non comprendere i sentimenti dei familiari delle vittime e dei superstiti – riflette amaro il presidente della Regione Abruzzo, Marco Marsilio. – Nello stesso tempo, abbiamo il dovere, come rappresentanti delle Istituzioni, di rispettare la sentenza e di prendere atto della decisione del Giudice. Naturalmente, per esprimere un giudizio più completo e valutare le eventuali ulteriori azioni che la Regione potrà e dovrà intraprendere, dobbiamo attendere la pubblicazione delle motivazioni, che leggeremo e studieremo con la necessaria attenzione”.