Salone del libro, Buttafuoco e Campi ci ridono su: a sinistra «comici» e «un po’ volgarotti»

17 Feb 2023 10:16 - di Federica Parbuoni
buttafuoco

Parlando di Salone del libro ci starà pure bene la citazione sommaria di Ennio Flaiano: «La situazione è grave, ma non è seria». Ed è così che emerge oggi dalle interviste di Pietrangelo Buttafuoco e Alessandro Campi, protagonisti loro malgrado del caso che ha investito la kermesse di Torino, ovvero la denuncia dello scrittore Paolo Giordano su presunte ingerenze del ministero della Cultura sul comitato editoriale. Un caso che ha fatto gridare la sinistra all’attacco alla “cultura libera”, salvo poi capire che l’unica difesa che interessava era quella delle solite consorterie, che si sono sentite franare la terra sotto i piedi quando il ministro Sangiuliano si è permesso di suggerire tre nomi per arricchire il confronto culturale all’interno del Salone: Campi, Buttafuoco e Guerri. Un caso che, appunto, risulta tanto grave quanto poco serio, tant’è che per Buttafuoco tutti questi aedi della libertà «sono comici» e Campi ha preso la faccenda «con un po’ di preoccupazione», ma prima di tutto «con divertimento».

Campi: «Quelli che si proclamano censurati agiscono da censori»

«Non c’è stata nessuna ingerenza. Il ministro Sangiuliano ha fatto una proposta, una cortese richiesta agli organizzatori di inserire tre nomi ritenuti adatti per dare un contributo, su un comitato editoriale di diciannove componenti complessivi. Non mi pare che abbia proposto qualcosa di scandaloso», ha spiegato in un’intervista a Libero Campi, chiarendo di non spiegarsi la levata di scudi contro un contributo che andava nella direzione di rappresentare la ricchezza culturale del Paese. «Alla fine – ha commentato – il messaggio che passa è questo: quanti si proclamano censurati in realtà agiscono loro stessi da censori. È un paradosso logico».

Dalla sinistra una «difesa un po’ volgarotta di piccole posizioni di potere»

«Evidentemente da quella parte si vogliono mantenere le casematte occupate, strada facendo, in tutti questi anni. Se c’è una richiesta di riequilibrio, che sia un festival, un premio letterario, la Rai, scatta il riflesso difensivo. Il “dagli al barbaro”, il “giù le mani dalla cultura”. Tutto condivisibile in linea di principio, peccato non sia credibile», ha proseguito il professore di Storia delle dottrine politiche a Perugia, ricordando che i nomi suggeriti da Sangiuliano hanno tutte le competenze per occuparsi del Salone del libro e che «il problema è che appartengono ad una collocazione culturale intollerabile per principio». Emerge il solito tic della sinistra, quell’idea di una superiorità che, oltre che morale, è anche culturale. «Ma se lo devono far passare perché è un complesso del tutto immotivato», ha chiarito Campi, avvertendo che «un intellettuale che non ama il confronto di idee è un cortigiano» e chiarendo, però, che il punto è forse un altro. «Qui, in realtà, le idee non c’entrano nulla, ma è la difesa un po’ volgarotta di piccole posizioni di potere: “È roba mia, guai a metterci le mani”. Leggevo la dichiarazione del vicesegretario Pd Provenzano, che parla di “scenari inquietanti”. È il tentativo un po’ bislacco di creare un caso. La sinistra, da quando ha perso le elezioni il 25 settembre scorso, cerca di farlo costantemente, nella speranza si crei un cortocircuito».

Buttafuoco: «Per loro il Salone è come Sanremo. È una ridotta che vogliono difendere assolutamente»

Una lettura che si ritrova anche nelle parole di Buttafuoco, Intervistato da La Verità, lo scrittore ha parlato di «parrocchietta» e di come, non solo nel caso di oggi, appartenervi sia l’unico vero requisito richiesto da certi ambienti. Il Salone del Libro «per loro è come il Festival di Sanremo, devono stupire con gli effetti speciali. Il Salone è una ridotta che vogliono difendere assolutamente. Ora, io dico: ti pare normale che, fino all’ultima riunione dei consulenti della manifestazione, non abbiano parlato d’altro che di questioni di genere, di inviti a scrittrici trans, oltretutto nella parte dedicata alle scuole? Vogliono ripetere tutti i giochi di fuoco, traslati in ambito editoriale, delle sceneggiate viste a Sanremo. Chissà, forse vanno anche capiti. Pensano che quei parametri costituiscano il codice universale valido per tutti, invece lo sappiamo bene che non è così».

Per Buttafuoco «questi presunti progressisti si sentono superiori. Sono comici»

Buttafuoco, quindi, ha citato Campi per chiarire che «ci sono circoli di potere che funzionano per riflesso condizionato. Loro vanno in automatico». «Il caso Campi – ha spiegato – è emblematico: non conta la realtà, conta solo la narrazione che costoro si sono scritti. C’è un ben preciso meccanismo psicologico. Ora, veramente questi presunti progressisti ritengono di essere superiori: antropologicamente superiori, culturalmente superiori. Hanno introiettato l’istinto classista in assoluto, se dovessero inverare la Repubblica di Platone la renderebbero una Ztl fatta di tisane, di gattare, di professoresse col cerchietto e di compassati vegliardi che dispensano le loro massime, tutte secondo cautela. E quindi, quando arriva qualcun altro, per dirla con Revelli, la cultura – gridano – deve essere “libera dalla politica”. Sono comici». «Forse rispetto al ministro di ieri (Massimo Bray che scelse Nicola Lagioia come direttore del Salone del libro, ndr) quello di oggi, Sangiuliano, non ha l’accesso alla Ztl?», ha chiesto quindi il giornalista e scrittore, per il quale «l’isteria è aumentata in questo ultimo periodo» perché «si è incistato un atteggiamento di intolleranza totale». «Anche questo è un regalino che ci arriva dall’America: la cancel culture, il pensiero unico. Quindi oggi è peggiorata la situazione. Nemmeno nell’Italia del Dopoguerra, che aveva la memoria della guerra civile – ha concluso Buttafuoco – c’erano questi atteggiamenti».

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