Sanremo, Salvini caustico: “Non ho visto la finale, passeggiavo a Firenze”. L’affondo: “Ora riflessione sulla Rai”
Sanremo, a festival chiuso, svarioni e polemiche restano un file aperto. Anche per Salvini, che interpellato dai cronisti ai Firenze sul Festival di Sanremo appena concluso, ha replicato caustico: «Una riflessione sulla Rai andrà fatta». Alludendo alla vexata quaestio tutt’altro che ironicamente. E mettendo in evidenza la macchia impressa, tra sceneggiature e sceneggiate. Siparietti trash e balletti di annunci e proclami, su letteratura della kermesse e narrazione di un Paese alle prese con un nuovo corso. Eppure, nella foto social scattata dall’Ariston, apparso ancora come un Paese vincolato ai soliti schemi ideologici. Ossia, quelli affidati alle interpretazioni dei soliti vip, pronti a passarsi il testimone delle accuse al governo. Degli appelli a legalizzare la cannabis. O determinati a veicolare messaggi intestati al verbo gender fluid, dal palco alla piazza. Passando per infuocati dietro le quinte… Tanto che, in un collegamento in diretta telefonico con conduttore e co-conduttore, lo stesso Fiorello ha ironizzato con Amadeus e Morandi su vertici Rai e dintorni…
Sanremo, Salvini: «Una riflessione sulla gestione Rai nel suo complesso andrà fatta»
Già, anche il vicepremier è intervenuto sulle polemiche del Festival di Sanremo. E partendo da una ideale conta delle cose buone e, soprattutto, meno buone della kermesse sanremese, Salvini a margine di una cerimonia per i 100 anni dalla nascita di Franco Zeffirelli, ha detto chiaramente qual è il suo approccio: «Non commento altro, sicuramente una riflessione sulla gestione Rai nel suo complesso andrà fatta». Una stoccata in punta di fioretto, a cui è seguita a stretto giro la sciabolata che il ministro delle Infrastrutture ha sferrato poco dopo, affermando causticamente: «Non ho visto la finale di Sanremo, ho fatto due passi per Firenze. È molto più bello il centro di Firenze che altro. Ho scoperto chi ha vinto stamattina. Auguri a chi ha vinto»…
Sanremo, Salvini cala un velo pietoso: «Ho guardato l’esibizione di Albano, e ieri ho sentito Gino Paoli»
Un commento lapidario, che nel suo incipit mette una pietra tombale su quanto recriminato fin qui. E su quanto esibito dall’Ariston (e dintorni). A proposito di cui il vicepremier ha tenuto a puntualizzare: «Ho avuto tanti e tali impegni che non ho avuto tempo di occuparmi di altro… Ho guardato l’esibizione di Albano, e ieri sera la mia compagna mi ha fatto sentire Gino Paoli. Io sono vecchio, come dice mio figlio, e quindi mi piacciono questi artisti. Poi ce ne sono altri: Tananai e Ultimo, per esempio, che sono quelli che sulle radio mi piacciono di più»… E su tutto il resto, sembra calare un velo pietoso. Ben più pesante del sipario che ha chiuso questa turbolenta edizione del Festival.
La faccia tosta del Pd che parla di occupazione e epurazioni in Rai…
Una kermesse che, dagli spartiti dei brani in gara. Passando per le gag in copione. E fino alle dichiarazioni ad hoc rilasciate a corredo dello show nazional-istituzionale da quegli esponenti di una sinistra avvezza a guardare la pagliuzza nell’occhio dell’avversario, piuttosto che la trave che offusca la propria vista, oggi registra pure la faccia tosta di un ennesimo esponente dem, sfrontato nel parlare di corda, in casa dell’impiccato… Come altro riassumere, altrimenti, il “guizzo” di Irene Manzi, capogruppo Pd alla commissione cultura della Camera la quale, con una sfrontatezza quasi senza precedenti, forte di un passato di anni di “occupazione” e di “spartizione” dei canali radiotelevisivi della Rai su base elettorale, parla in nome di un verginità superata da tempo di «attacco ai vertici Rai da parte di Fdi». Un affronto, a detta della piddina, «inquietante nel merito e nel metodo»…
Il Pd che guarda alla pagliuzza nell’occhio dell’altro e non vede la trave che offusca la sua vista
Una arringa, quella dell’esponente dem, che si focalizza in particolare sulle «parole, sottovalutate, pronunciate da Gianmarco Mazzi, sottosegretario alla cultura. Senza mezzi termini – tuona la Manzi dai banchi dell’opposizione – invoca un cambiamento dei dirigenti Rai funzionale a una nuova narrazione del Paese dopo la vittoria elettorale della destra. Qui non si tratta più semplicemente di spoil system, ma del tentativo di forzare il cambiamento di modelli culturali. Un tentativo di dire senza mezzi termini che il servizio pubblico è alle dirette dipendenze di chi vince le elezioni». Come, forse dimentica la Manzi, accaduto per anni e anni nel caso del Pd. E di chi in un largo arco di tempo, ha potuto occupare spazi e divulgare il proprio credo politico da pulpiti elevati, anche solo in virtù di una chiamata diretta a Palazzo Chigi. Cioè, senza neppure passare per il via della legittimazione popolare alle urne…