Superbonus, i numeri che svergognano Conte. E confermano che Meloni mantiene le promesse
Numeri e analisi svergognano Pd e M5s sul superbonus. La decisione dell’esecutivo di mettere uno stop alla cessione dei crediti, infatti, fa emerge la portata del disastro provocato da una legge pensata e applicata male dal loro governo. Così cercano di cavarsela sostenendo che Giorgia Meloni si sia rimangiata le promesse elettorali. È soprattutto il M5s a spingere in questo senso, sotto la guida di Giuseppe Conte e col megafono del Fatto Quotidiano, che oggi titola sui «superbugiardi del superbonus», piazzando in prima pagina anche la volgarità di un’altra vignetta che è difficile perfino da descrivere senza trascendere. Ma a finire sbugiardiate sono proprio queste tesi.
Le cifre del disastro superbonus
Secondo Conte, la decisione del governo tradirebbe «famiglie e imprese e soprattutto ammazza la nostra economia». L’insostenibilità di questa affermazione sta tutta in quel buco nei conti dichiarato dal ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, quando ha parlato della «politica scellerata» sottesa ai bonus edilizi: 110 miliardi di euro. Una cifra monstre, alla quale si arriva a causa della faciloneria di quella politica, che ha portato i conti pubblici a essere travolti da uno tsunami. Secondo le stime, ricordate oggi da Libero, il superbonus doveva impattare per -36,55 miliardi di euro una cifra che è arrivata a -61,20 miliardi, vale a dire che allo Stato sono mancati ulteriori 24,65 miliardi; altri 13,10 miliardi oltre le previsioni sono sfumati per il bonus facciate, per per un totale di 37,75 miliardi mancati in più rispetto ai 72,32 previsti inizialmente. Il totale fa, appunto, -110,07 miliardi. Secondo il Corriere della Sera, però, si tratterebbe di una stima al ribasso perché non aggiornata con i dati Enea al 31 gennaio, che porterebbero il totale a 120 miliardi.
Lo stop necessario per salvare i conti pubblici
A fronte di questo esborso spaventoso, pressoché tutti gli analisti ricordano che la misura non ha avuto un vero impatto né nel rilancio dell’economia, poiché il suo effetto è stato una bolla o, come dice qualcuno, un doping del mercato, né dell’efficientamento del patrimonio immobiliare italiano, poiché la misura avrebbe interessato solo il 3,1% degli stabili (dato della Cgia), per altro afferente alle fasce di popolazione a più alto reddito. In compenso, come sottolineato ancora da Giorgetti, tutti, neonati compresi, ci ritroviamo con duemila euro di debito in più sulle spalle. Dunque, no, lo stop al superbonus e affini non tradisce le famiglie, e anzi le mette al riparo dai rischi futuri. Quanto alle imprese, che ora dichiarano il rischio fallimento per 25mila aziende, ciò che le ha messe davvero a rischio è l’incertezza normativa. «Norme cambiate 20 volte», si lamenta oggi sul Corriere l’imprenditore torinese Giuseppe Provvisiero. Così torniamo ancora al peccato originale di questa «politica scellerata» che, non preoccupandosi a monte di cosa avrebbe comportato dire ai cittadini che «tanto Pantalone paga» (copyright di Enrico Marra del Corriere della Sera, ndr), ha aperto la strada alla necessità di continue, successive messe a punto.
Le bugie dell’opposizione sul superbonus
Del resto, che si dovesse necessariamente cambiare lo aveva ampiamente detto anche Draghi. Solo che a lui non è riuscito quello di cui Meloni poi si è fatta carico. E qui veniamo al tema delle promesse elettorali, che secondo Conte e Il Fatto, in buona compagnia del Pd, sarebbero state tradite. Si legge nel programma elettorale di FdI: «Bonus edilizi: salvaguardia delle situazioni in essere e riordino e armonizzazione degli incentivi destinati alla riqualificazione, alla messa in sicurezza e all’efficientamento energetico degli immobili pubblici e privati». Due punti, dunque. Il primo è già stato assolto in sede di decreto: per tutte le Cilas precedenti al 16 febbraio le cose restano invariate. Al secondo punto il governo sta già mettendo mano, e infatti lunedì è convocata una riunione con banche e operatori del settore che serve a fare il punto sulle possibili crisi in corso e a gettare le basi di una riforma strutturale per il settore degli incentivi.
Il rispetto di quella promessa scomoda che il premier fece a inizio mandato
Dunque, non solo non è vero che Meloni sta tradendo le promesse elettorali, ma da questa vicenda emerge con forza anche la serietà di un altro patto che il premier ha stretto con gli italiani, stavolta nel suo discorso di insediamento: «Quello che noi vogliamo fare è liberare le migliori energie di questa Nazione e garantire agli italiani, a tutti gli italiani, un futuro di maggiore libertà, giustizia, benessere e sicurezza. E se per farlo dovremo scontentare alcuni potentati o fare scelte che potrebbero non essere comprese nell’immediato da alcuni cittadini, non ci tireremo indietro, perché il coraggio di certo non ci difetta».