Becero attacco di Scanzi al “Secolo d’Italia”. Overdose di insulti al direttore Italo Bocchino
Quanto fiele per uno Scanzi solo. Oggettivamente troppo. E il troppo stroppia sempre, finendo per trasformare in colpi di vanga persino quelli preventivati come tocchi di fioretto. È questione di dosaggio sapiente o, se si preferisce, di tacco&punta. Comunque sia occorre maestria, abilità, destrezza. In mancanza, il risultato è opposto a quello immaginato. Prendete, appunto, Andrea Scanzi, del Fatto Quotidiano: era partito per scrivere un corrosivo corsivo contro Italo Bocchino, con cui, per altro, spesso incrocia la lama nell’arena di Lilly Gruber, e si è ritrovato a firmare un attacco scomposto, privo di grazia cavalleresca, trito del più vieto luogocomunismo («manganella», «il Ventennio che fu», «il Farinacci del nuovo millennio», «Italo Balb…») e pure intossicato dal manettarismo della casa, tanto celebrato nelle procure quanto fuori luogo nel caso di specie, dal momento che – direbbe la signora Angela di Mondello – «non ce n’è qui di tintinnio». A Scanzi, insomma, poteva venire meglio. Invece si è fatto prendere la mano e… giù insulti a catinelle. Ce n’è persino per il Secolo d’Italia, bollato come «spietato organuccio di Fratelli d’Italia». Qui però lo cogliamo in fallo, visto che il nostro editore è la Fondazione Alleanza Nazionale. Ma transeat, non lo quereleremo certo per diffamazione. L’errore è tuttavia emblematico per capire quali inconvenienti possa provocare un articolo vergato dopo un pieno di fiele. E di tanto, noi dello «spietato organuccio», ci chiediamo il perché. Possibile che a scatenare in Scanzi l’overdose di bile sia la militanza a destra di Italo Bocchino o il suo ruolo di nostro direttore editoriale? Certo, non è da escludere. Soprattutto alla luce della sincera espressione di disgusto (c’è dibattito se sia spontanea o invece consigliata dal suo hair stylist a mo’ di accessorio mimico per meglio far risaltare la nuova messa in piega) esibita in tv da Scanzi ogni qualvolta c’è da tirare a lucido il governo di Giorgia Meloni. Se è così ce ne dispiace. Purtroppo deve rassegnarsi: la destra c’è e ci sarà. Lui piuttosto si dia una mossa e cerchi di recuperare un po’ di stile se non vuol essere ricordato solo come un MarcoTravaglio che non ce l’ha fatta.