Coppie gay, Bocchino “accerchiato” da Gruber. Lui: «Mi diverte». E smaschera l’ipocrisia dem e Lgbt (video)
Solito copione a Otto e mezzo, dove per parlare di trascrizione anagrafica dei figli delle coppie gay ieri è stato allestito un parterre monocolore con l’unica eccezione di Italo Bocchino. Una situazione talmente smaccata che una degli ospiti, Michela De Biase del Pd, ha sghignazzato sul fatto che il direttore editoriale del Secolo «si sente accerchiato». Ma «è una condizione che mi diverte», ha risposto Bocchino, sorbendosi anche con un certo aplomb la bizzarra lezione della dem sul fatto che pur avendo da piccola guardato assiduamente Lady Oscar non ha avuto alcun turbamento dal punto di vista dell’identità di genere.
Bocchino “accerchiato” da Gruber sulle coppie gay
La notazione biografica in salsa manga è stata solo l’ultimo slittamento di una puntata in cui da Lilli Gruber in poi, passando per l’avvocato e attivista Lgbt Cathy La Torre e il giornalista Alessandro De Angelis, tutti sono stati molto concentrati a sviare l’attenzione dal tema dell’utero in affitto, il vero problema alla base sia del recente no alle trascrizioni, sancito dalla Cassazione e recapitato dal Prefetto al Comune di Milano, sia del voto di ieri con cui la commissione Politiche europee del Senato ha respinto la proposta di regolamento Ue per il riconoscimento del certificato di filiazione, che prevede che la genitorialità riconosciuta in uno Stato membro si estenda automaticamente a tutti gli altri Stati comunitari.
Sinistra e Lgbt si nascondo dietro ai diritti dei bambini: guai a nominare l’utero in affitto
«I diritti dei bambini! Questa destra brutta, in odio alle famiglie arcobaleno, arriva a negare i diritti dei bambini!», è stato sostanzialmente il refrain della puntata, nel corso della quale Gruber ha abilmente svicolato la domanda delle domande con il trucco dell’indignazione. «Voi? Ma voi chi?», ha replicato a Bocchino che aveva posto un interrogativo definitivo: «Voi ritenete che una donna povera, in condizione di fragilità debba essere sfruttata per l’utero in affitto?». «Voi, qui, ospiti in studio», ha incalzato il direttore editoriale del Secolo d’Italia, senza però ottenere una risposta che non fosse il solito «eh, ma i diritti dei bambini».
L’elefante in salotto: la Gpa
Il punto, però, in questo affare complicato delle trascrizioni è proprio tutto lì, a monte, in una pratica che mercifica non solo le donne, ridotte a incubatrici per gente ricca che vuole a tutti i costi un figlio biologico (e che talvolta ricorre alla Gpa semplicemente per non avere la “scocciatura” della gravidanza), ma anche gli stessi bambini, considerati un prodotto da ordinare, acquistare e magari rispedire al mittente se presenta “difetti di fabbrica”. L’Italia rifiuta questa pratica e la logica che sottende e la stessa Cassazione, nella sentenza che tanto sta facendo discutere, ne ha rilevato l’inaccettabilità, non chiudendo di contro alla possibilità che coppie dello stesso sesso possano adottare i figli che chiedono siano riconosciuti come propri. Allo stesso rifiuto fa riferimento il no arrivato dal Senato alla proposta di regolamento Ue, che avrebbe di fatto aperto surrettiziamente all’utero in affitto.
La doppia operazione verità condotta da Bocchino
Nonostante «l’accerchiamento» dichiarato, insomma, Bocchino ha condotto una doppia operazione verità: la prima rispetto al fatto che i no ai riconoscimenti non sono il frutto di un capriccio ideologico della destra, ma la conseguenza delle nostre leggi, che – ha ricordato ancora – la sinistra nei suoi lunghi anni di governo non ha mai modificato; la seconda rispetto al fatto che tutto il punto della questione non sono le coppie gay, ma l’utero in affitto, che infatti è alla base dei paletti posti tanto dalla Cassazione quanto dal Senato. Parlare di utero in affitto, però, per la sinistra e gli attivisti Lgbt significa aprire un vaso di pandora di contraddizioni e imbarazzi ingestibile. Vuoi mettere quanto sia più facile agitare lo spettro dei diritti dei bambini negati?