Covid, Fontana: «Sulla zona rossa doveva decidere Conte». Ecco le leggi che lo confermano
Ci sono le norme e ci furono le dichiarazioni politiche dei membri del governo: tutto indica che la decisione sulla zona rossa spettava allo Stato, non alla Regione. A ricordarlo è stato il governatore della Lombardia, Attilio Fontana, a proposito dell’inchiesta della Procura di Bergamo sulla gestione delle prime fase del Covid, che lo vede indagato insieme, tra gli altri, all’allora premier Giuseppe Conte e all’allora ministro della Salute, Roberto Speranza. Segnalando l’anomalia di aver appreso dai giornali dell’iscrizione nel registro degli indagati e di non aver ancora ricevuto una segnalazione formale e quindi di non sapere esattamente cosa gli viene contestato, Fontana ha comunque chiarito di non avere alcun «tipo di problema ad affrontare questo processo». Intervistato sulla questione, però, fa alcune considerazioni su quanto avvenne in quei giorni concitati e drammatici, nei quali si discuteva della zona rossa ad Alzano e Nembro.
Fontana: sulle emergenze pandemiche come il Covid «c’è la competenza esclusiva dello Stato»
L’ipotesi sarebbe che Fontana, in quelle prime fasi, avrebbe omesso di adottare misure di contenimento e gestione appropriate della pandemia. Ma, ha spiegato il governatore, «la prima considerazione è che quando si tratta di un’emergenza pandemica la competenza è esclusiva dello Stato. E lo è secondo la Costituzione, non secondo me. La seconda considerazione è che, allora, la stessa ministra dell’Interno Luciana Lamorgese aveva mandato una direttiva dicendo: “Guai a voi se volete sovrapporvi con iniziative relative alle chiusure delle cosiddette zone rosse perché questa è una competenza esclusiva dello Stato”». Inoltre, «in quei giorni – ha ricordato ancora Fontana – anche il ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia disse una frase famosa: “In questi casi è lo Stato che comanda”». Del resto, «se avessi emesso l’ordinanza con chi l’avrei fatta eseguire? Non ho a disposizione né l’esercito né i carabinieri», ha detto ancora Fontana a Radio Anch’io, aggiungendo che «non penso di poter prendere provvedimenti in contrasto con il governo e quindi con l’Istituto superiore di Sanità».
Le leggi che danno ragione al governatore della Lombardia
Un approfondimento sulla normativa che regola questo tipo di emergenze sanitarie lo offre oggi Il Giornale, ricordando anche il tentativo di colpevolizzare la Regione Lombardia, dunque Fontana, che la sinistra mise in campo fin da subito, appellandosi a una legge del 1978 su igiene e sanità pubblica che, oltre alle ordinanze ministeriali, cita anche quelle regionali e comunali. Alberto Giannoni, che firma l’articolo, ricorda però che il primo decreto del governo sulla pandemia, datato 23 febbraio 2020, all’articolo 3 stabilì l’utilizzo dei decreti del Presidente del Consiglio, i famosi Dpcm, come strumento per l’introduzione delle misure di contenimento. Inoltre, anche se il testo prevedeva che «nelle more» potessero intervenire anche le regioni in base alle leggi ordinarie, come quella del 1978, di fatto la frequenza dei Dpcm chiuse qualsiasi spazio per quelle “more”: ne furono emanati 5 in 15 giorni. A questo vanno aggiunte le dichiarazioni politiche ricordate da Fontana.
I membri del governo rivendicavano: «Decidiamo noi»
Quanto al riferimento alla Costituzione, anch’esso fatto dal governatore, Il Giornale ricorda che l’articolo 117 riserva espressamente allo Stato una legislazione in via esclusiva «sulla profilassi internazionale» e che l’articolo 120 spiega che le Regioni non possono «limitare l’esercizio del diritto al lavoro in qualunque parte del territorio nazionale». Indicazioni che il governo ribadì più e più volte di voler seguire: «Decide il ministero della Salute e le Regioni si adeguano. Basta leggere la Costituzione», è un’altra frase di Boccia ricordata nell’articolo, nel quale si citano anche Speranza che raccomandò di «non fare scelte unilaterali» e Conte che chiarì di essere «pronto a misure che contraggono le prerogative dei governatori». Intento cui il governo diede seguito, per esempio, impugnando l’ordinanza con cui la Regione Marche chiuse le scuole o dando indicazioni ai prefetti sull’«esigenza che in ogni caso, e soprattutto in questo delicato momento, non vi siano sovrapposizioni di direttive aventi incidenza in materia di ordine e sicurezza pubblica, che rimangono di esclusiva competenza statale e che vengono adottate esclusivamente dalle autorità nazionale e provinciale di pubblica sicurezza».