Covid, la Procura di Bergamo indaga per epidemia colposa Conte, Speranza, Fontana e Brusaferro

1 Mar 2023 20:36 - di Redazione

La procura di Bergamo ha chiuso dopo tre anni l’indagine sul Covid e sulla mancata zona rossa in Lombardia all’inizio dell’epidemia: sono 19 gli indagati tra cui l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte, l’ex ministro della Salute Roberto Speranza, il governatore lombardo Attilio Fontana e l’ex assessore al Welfare, Giulio Gallera. La Guardia di finanza ha avviato le notifiche per i reati di epidemia colposa aggravata, omicidio colposo plurimo, rifiuto di atti di ufficio. Per l’ex premier Conte e l’ex ministro Speranza si prepara la trasmissione degli atti al Tribunale dei ministri.

Nell’atto che chiude le indagini ci sono anche il presidente dell’Istituto Superiore della Sanità Silvio Brusaferro, l’allora capo della Protezione Civile Angelo Borrelli, il presidente dell’Istituto Superiore della Sanita’ Franco Locatelli, il coordinatore del primo Comitato tecnico scientifico Agostino Miozzo. 

La diffusione del virus fu sottovalutata nonostante i dati a disposizione da settimane indicassero che la situazione a Bergamo e nei comuni circostanti  stava precipitando, in particolare in Val Seriana, dove erano già stati inviati carabinieri e polizia per chiudere la zona. Invece la zona rossa non fu mai istituita.  Secondo l’ipotesi dei pm di Bergamo, sulla base della consulenza affidata ad Andrea Crisanti, la zona rossa a Nembro e Alzano avrebbe evitato migliaia di morti. La mortalità di Bergamo tra fine febbraio e fine aprile del 2020 “fu la più alta d’Europa sul totale della popolazione – scrisse il Corriere della Sera– : con 3.100 vittime di Covid certificate, cioè sottoposte al tampone prima del decesso, ma 6.200 in più, complessivamente, rispetto alla media dello stesso periodo degli anni precedenti: quindi con altre tremila persone morte nelle case, sulle ambulanze, comunque senza un tampone ma con sintomi di sospetto coronavirus”.

Quando l’inchiesta iniziò ci furono polemiche furibonde: a chi spettava dare l’ordine di perimetrare i comuni più colpiti? Nella notte tra il 5 e 6 marzo arrivarono in zona quasi 400 uomini tra militari e agenti, mobilitati e inviati proprio per far scattare la zona rossa. Non arrivarono direttive e quegli uomini furono tenuti lì senza farli agire. Quattro giorni dopo arrivò il rompete le righe. Ma oltre alla mancata zona rossa nell’inchiesta rientra anche un altro importante fattore: il mancato aggiornamento del piano pandemico che in Italia, al momento dell’esplosione della pandemia, risaliva al 2009.  Infine un terzo punto dell’inchiesta riguarda la  repentina chiusura e riapertura dell’ospedale di Alzano Lombardo dove il virus era già largamente diffuso nel momento in cui veniva individuato a Codogno il paziente numero uno.

Giuseppe Conte ha dichiarato in merito all’inchiesta. “Anticipo subito la mia massima disponibilità e collaborazione con la magistratura. Sono tranquillo di fronte al Paese e ai cittadini italiani per aver operato con il massimo impegno e con pieno senso di responsabilità durante uno dei momenti più duri vissuti dalla nostra Repubblica”.

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