Elly Schlein ci prova col comizietto sul salario minimo. Meloni, a sorpresa, la scavalca a sinistra…
Alla fine si era creato un clima da derby che ha circondato il “match” Meloni-Schlein, ieri alla Camera, durante un atteso question time povero di novità e colpi di scena. Tema: il salario minimo. Schlein, giacca bianca e piglio da sinistra-sinistra prende la parola e illustra l’interrogazione. Propone non solo il salario minimo ma anche il congedo paritario. Accusa: voi del governo non parlate mai di precarietà, la crisi della natalità è legata alle paghe da fame.
Meloni: ecco perché il salario minimo non mi convince
Meloni replica: chi ha governato finora ha reso i lavoratori italiani più poveri, è vero. E’ onesto riconoscerlo da parte vostra. Prima frecciatina. Poi assicura che lei ha un atteggiamento pragmatico e non ideologico, seconda frecciatina. Quindi spiega: io la vedo così, se mettiamo il salario minimo anziché arricchire i lavoratori rischiamo di impoverirli. “Mi interrogherei sull’ipotesi che il salario minimo legale possa diventare non un parametro aggiuntivo delle tutele ma un parametro sostitutivo unico, che rischierebbe di creare per molti lavoratori condizioni peggiori e di fare un favore alle grandi concentrazioni economiche cui conviene rivedere al ribasso i diritti dei lavoratori”. E conclude: la misura più efficace per contrastare il lavoro povero resta – afferma – il taglio delle tasse. E quel richiamo della premier a riflettere per non fare un favore ai datori di lavoro introducendo un paga minima che taglierebbe su nascere la possibilità di salari più alti è un ivnito col quale, di fatto, Meloni si pone addirittura più a sinistra di Schlein la quale in sede di replica sceglie il classico repertorio della gauche caviar.
Schlein: comizio su ong e famiglie omogenitoriali
Ha un comizietto preparato: “Lei oggi è al governo – dice – ci sono io all’opposizione, non dia le colpe sempre a chi c’era prima. Spetta a voi dare risposte”. Quindi ci infila, nella replica, ciò che davvero le interessa, non il lavoro povero, non il precariato, ma i diritti delle famiglie omogenitoriali, le ong, i rave: tutti obiettivi – secondo lei – nel mirino del governo Meloni. Le vostre priorità – esclama – “sono altre: i rave, i condoni, la guerra alle Ong e da ieri colpire i figli e le figlie delle famiglie omogenitoriali che hanno gli stessi diritti di tutti i bambini e bambine che fanno parte della nostra comunità”.
Serracchiani si spella le mani
Serracchiani, seduta alla destra della prima donna del partito, si spella le mani. Fa come quelle amiche che se non possono primeggiare tallonano la più acclamata della comitiva da vicino, la incensano, la difendono, ci fanno coppia fissa. Insomma brillano di luce riflessa. Avrebbe potuto essere lei come Schlein, forse aveva in segreto coltivato questa ingenua ambizione prima che la legittima aspirazione crollasse dinanzi a quell’intimazione: “Onorevole Serracchiani, mi guardi…”. Ci vorrà del tempo per vendicare quell’affronto. E tanti altri comizietti di Elly…
Il governo e il Mes
In precedenza, rispondendo a un’interrogazione di Azione-Italia Viva, la premier Meloni aveva affrontato il tema del Mes. “Gli strumenti si giudicano in relazione alla loro efficacia – ha detto in proposito – e in un determinato contesto. E’ la ragione per cui lo scorso novembre questo governo ha ricevuto dal parlamento un mandato non ad aspettare la Germania, ma a non ratificare” la riforma del Mes “in assenza di un quadro chiaro europeo in materia bancaria”.
La polemica sul superbonus
Infine, in risposta al M5S, la premier ha toccato il tema del superbonus. La norma – ha detto – che “nasceva da un presupposto condivisibile come mettere in moto l’edilizia e l’economica, è stata poi messa in campo in un modo tale da aver prodotto conseguenze per affrontare le quali il governo attuale lavora da mesi. La norma ha anche consentito la proliferazione di un mercato opaco e non governato di circolazione di crediti fiscali a tutto vantaggio, non delle imprese che quegli interventi avevano realizzato ma dei vari intermediari, anche finanziari, intervenuti a raccogliere questi crediti con un prezzo a sconto sul valore nominale lucrando sul differenziale poi portato all’incasso con l’erario”.