Giancarlo “Picchio” De Sisti compie 80 anni: “Mi tengo il mio calcio e il 4 a 3 alla Germania”
Oggi il murales più famoso del Quadraro, periferia sud est di Roma, raffigura un nido di vespe, dalla definizione che gli occupanti nazisti davano al quartiere agli albori dell’Operazione Balena’. Tra le centinaia di uomini arrestati e deportati nel 1944 c’era anche Romolo De Sisti, tranviere della Stefer (vecchia azienda di trasporti). Superato Firenze, sfruttò la porta difettosa di un vagone e un rallentamento del treno diretto a Fossoli per lanciarsi giù e tornare a piedi da suo figlio Giancarlo. “Lo presero che era ancora in divisa di lavoro. Rischiò la vita, ma si salvò dal campo di concentramento”, racconta oggi all’Italpress l’ex bandiera di Roma e Fiorentina Giancarlo De Sisti, che spegne 80 candeline ma che all’epoca aveva solo un anno. Ad accompagnarlo negli anni il soprannome ‘Picchio’, dal nome di una trottola d’infanzia. Un giocattolo d’altri tempi, come è fuori moda il calcio che De Sisti si tiene stretto: “Oggi un giocatore bacia lo stemma e tre mesi dopo va da un’altra parte. Poi dicono che ora i ritmi sono più veloci. È vero, ma tanti ai miei tempi avrebbero potuto solo scaricare la frutta…
C’è anche il suo nome tra i fondatori dell’Assocalciatori. “Volevamo rappresentare i giocatori meno famosi, prima non c’erano i procuratori. Ricordo che Paolo Conti (ex portiere della Roma) mandò il commercialista in sede per la firma sul contratto e l’episodio fece scalpore. Era una novità – ricorda -. La prima lotta sindacale fu sul 40% degli emolumenti che le società potevano trattenere senza un minimo di presenze. Volevamo avere voce in capitolo e ci riuscimmo”. Per garantire il diritto di rifiutare un trasferimento invece sarebbero serviti ancora diversi anni. Nel 1965 passò da Roma a Firenze: “Ero in servizio militare. Stavo assistendo all’esercitazione di un carrarmato, quando il comandante portò il giornale e mi disse: ‘ti hanno ceduto alla Fiorentina’. Io non ne sapevo nulla, era un’altra epoca”. Vinse due Coppe Italia tra Roma e viola, una Coppa delle Fiere in giallorosso e uno storico Scudetto in Toscana. Ad unire le squadre della sua carriera oggi sono le proprietà americane di Friedkin e Commisso: “Stanno investendo molto, sono partecipi del progetto in modo gagliardo”.
Con la maglia azzurra De Sisti ha trionfato all’Europeo del 1968, mentre al Mondiale del 1970 era tra gli 11 in campo nella finale persa col Brasile: “Una Coppa del Mondo rende immortale, ma a chi ci rimprovera di non averla vinta, rispondo sempre allo stesso modo: ‘Noi siamo quelli di Italia-Germania 4-3′”. Più forte la Nazionale di Euro 2020 o quella del 1968? “È come dire Pelè o Maradona, io scelgo Pelè. Scelgo la mia”. La chiosa sul doping e i sospetti sulle malattie che hanno colpito i calciatori: “Sono d’accordo con Mancini quando dice che bisogna andarci con i piedi di piombo, il Ct è stato un fuoriclasse e non dice mai cose errate”, spiega. E ancora: “La Fiorentina degli anni ’70 fu descritta come un ospedale da campo, non è così. È vero che il micoren girava, come in tutte le squadre, ma ci si poteva rifiutare, come facevo io. Ricordo che nel 1970 ai Mondiali fu distribuito un opuscolo sui prodotti proibiti e tra questi c’era anche il micoren. Chi l’ha preso dopo il 1970, si è voluto fare del male”.
Italpress