Le bare della pandemia e le bare di Cutro, la propaganda di sinistra diventa necrofila
Il silenzio che somiglia a una mezza censura sull’inchiesta di Bergamo che coinvolge un ex premier e un ex ministro della Salute mentre si batte e si ribatte sul naufragio di Cutro che ha provocato 72 vittime ci dice molto della propaganda necrofila della sinistra. Ci sono state bare anche durante la pandemia. Che sono andate via senza il saluto dei parenti, senza gli affetti riuniti per l’addio, senza poter dare un’ultima carezza alle salme. Un fatto triste, molto triste. Il ricordo più doloroso di due anni di caos provocato da un virus la cui origine resta ancora da chiarire. Anzi, tutto resta ancora da chiarire. Ma i media che un tempo omaggiavano Giuseppe Conte e i suoi dpcm non si fanno troppe domande. Perché non ci fosse un piano pandemico, perché non ci fu la zona rossa, perché non c’erano le mascherine, perché non c’erano medici, perché non c’erano posti letto, perché si curava solo con tachipirina e vigile attesa. Tanti morti, tanti lutti e tanto dolore.
Ci fu, all’epoca, chi disse che se avesse governato il centrodestra non sarebbero bastati i cimiteri. Era Pierluigi Bersani. Viene da lontano la propaganda necrofila della sinistra, dunque. Quei morti erano e sono trattati come numeri nella fredda contabilità dei bollettini quotidiani sui contagi. Eppure erano persone, con una storia e un cuore e ricordi lasciati in eredità. Oggi qualcuno dice che se ne potevano salvare parecchi. Forse sì, forse no. Ma certo è che quei morti continuano ad essere fastidiosi. Perché curarsene, infatti, se non possono essere usati contro il governo Meloni?
Invece i morti di Cutro, quelli sì che vanno “sfruttati” fino a che sarà possibile. E in mezzo – attenzione! – c’è stato l’intermezzo Cospito. Anche lì una morte evocata dalla propaganda per dire quanto sia disumana la destra. Con una nutrita delegazione dem che va a fare visita in carcere all’anarchico, a contare quanti yogurt ingerisce, mentre la cattiva Meloni se ne sta indifferente a Palazzo Chigi… ma torniamo a Cutro. Dopo 13 giorni usare i morti non basta più. Così sul proscenio s’avanzano i peluche indecorosamente lanciati contro le auto ministeriali da uno sparuto gruppetto di esaltati di sinistra. Del resto la Lucarelli aveva dettato la linea, in questo caso: la “cattiva” piange per i peluche di Bucha e per quelli di Cutro? E tutti lì, col lacrimometro, a misurare quanto sia cattiva la “cattiva”. Quindi a Lucia Annunziata viene in mente un’altra bella trovata e se la gioca nell’editoriale odierno sulla Stampa: i fantasmi che vanno a disturbare il sonno di Riccardo III d’Inghilterra mentre dorme nella sua tenda prima dell’ultimo atto della guerra delle due rose. La critica a Giorgia Meloni si fa macabra. Lo impone il tragico canone scespiriano scelto per la bisogna dalla Stampa, dietro accorta regia di Massimo Giannini che tuonò: “Strage di Stato”. E se i morti della pandemia andassero a disturbare i sonni di Conte e Speranza, allora sì, che la danza macabra diverrebbe imponente, ma torniamo a Cutro.
E’ stato un talk show, accusa Mattia Feltri, ispirato dalla stessa analisi fatta da De Benedetti nel salotto di Corrado Formigli. Politica spettacolo, politica spettacolo… Vuoi mettere quando ci è andata Elly? Lì il lacrimometro ha funzionato a pieno regime. Tanta commozione, tanta solidarietà, tanta umanità. Mica era un talk show, quello. Gli fa eco la maestrina Concita De Gregorio: Meloni a Cutro non è andata da “mamma”, ma da presidente del Consiglio. Ah, l’insensibile… E non è andata subito, perché la “cattiva” si stava preparando per un viaggio all’estero. Che, detto così, sembra sia la partenza per la settimana bianca mentre la premier era attesa in India. Ma tutto si perdona agli “umani”. Ai “cattivi” niente.
E inutile stare lì a spiegare, come Meloni ha fatto anche ieri, che la responsabilità, alla fine, ricade sugli scafisti che anziché portare la nave in porto hanno atteso e atteso per evitare controlli una volta a terra facendo finire la barca su una secca. Tutto inutile. Ti arriva Piero Ignazi, un tempo professore autorevole, che sul giornale Domani – sempre di De Benedetti, nota bene – si indigna: che faccia tosta, che parole da libro Cuore, accusa. Per avanzare infine un “sospetto malizioso”: “Non vi sarà per caso – scrive Ignazi – una relazione tra il mancato soccorso ai poveretti affogati e quanto lei ha detto mille e una volta , e cioè che l’immigrazione va fermata a ogni costo?”. Insomma, come la giri la giri, il governo dei “cattivi” non ha voluto salvare quei poveretti. Questo è il concetto da imporre. Questo il concetto da far passare anche a costo di immergersi ogni giorno nei rivoli del cattivo gusto.
Eppure da quando c’è il governo di centrodestra ne hanno salvati 36mila di migranti (sono i numeri forniti da Piantedosi in Parlamento) ma ciò neanche scalfisce la propaganda necrofila della sinistra. Che chissà per quanto ancora andrà avanti. Mentre si continuerà a non accennare nemmeno a quell’altra strage, quelli dei morti per Covid. Le bare della pandemia non le puoi mica puntare come proiettili contro il governo, perciò meglio un pietoso velo, soprattutto ora che Elly deve accogliere Speranza nel Pd e fare alleanza con Giuseppe Conte. Che riposino in pace, nell’oblio. Ora, la sinistra, vede solo le bare di Cutro. Piange solo per le bare di Cutro. De mortuis nihil nisi bonum. Ma i vivi, a volte, fanno ribrezzo.