L’ira di Mughini sul no francese all’estradizione dei terroristi rossi: “Sono assassini. Si tengano queste canaglie”

29 Mar 2023 15:24 - di Chiara Volpi
Mughini

Tranchant e intellettualmente onesto come sempre Giampiero Mughini. Il giornalista e scrittore tira una linea di demarcazione netta sulla decisione della Cassazione francese di negare l’estradizione ai 10 ex terroristi di estrema sinistra, in gran parte delle Brigate Rosse, condannati in Italia per fatti di sangue negli anni di piombo e fuggiti oltralpe. «Sono stati degli assassini, meritano tutto il nostro disprezzo. Non ce li vogliono dare, non ne faremo una questione di disaccordi. E se non ce li vogliono dare, se li tengano», ha commentato interpellato dall’Adnkronos. Una posizione chiara e netta che, a prescindere da argomentazioni giuridiche, recriminazioni diplomatiche e asserzioni etiche, lascia comunque trapelare l’ira dell’intellettuale siciliano su uno schiaffo sferrato dai togati d’oltralpe. Uno schiaffo la cui eco riecheggia forte nell’aria.

L’ira di Mughini contro gli ex terroristi di sinistra dopo il no della Francia all’estradizione

«A trent’anni di distanza non sono esattamente gli assassini che sono stati – aggiunge Mughini –. Però restano, nella storia del mondo, degli assassini. Non degli assassini politici, ma degli assassini di diritto comune». Questo, spiega ancora meglio il giornalista, «perché andare ad ammazzare un signore che aveva portato il figlio dal medico nella sala d’aspetto, è solo una delinquenza di diritto comune». Il riferimento è ad uno dei 10 terroristi, Narciso Manenti, 65 anni, condannato all’ergastolo per l’omicidio dell’appuntato dei carabinieri Giuseppe Gurrieri, assassinato a Bergamo il 13 marzo 1979 nella sala d’aspetto di un medico. Un appuntamento al quale era andato per accompagnare il figlio di 10 anni per una visita. «Sono canaglie», conclude eloquentemente Mughini

«Quanto mi fa godere la Cassazione francese…»: l’ultimo sfregio dell’ex terrorista rosso

E dimostrano di esserlo ancora oggi. Come ostentato in queste ore da uno degli ex brigatisti rossi, il fondatore delle Brigate combattenti di Prima Linea, Enrico Galmozzi, che a ridosso della decisione della Cassazione francese – e delle polemiche e dell’amarezza che ha generato, specie in seno alle famiglie delle vittime – ha platealmente dichiarato di aver gioito per la conferma del no all’estradizione dei 10 ex compagni terroristi, tutti graziati dai togati transalpini: lui compreso. Per l’ideatore dell’organizzazione armata di estrema sinistra, dunque, è una bella notizia. Un provvedimento che gli dà soddisfazione. Anzi, anche di più, visto che su Facebook ha commentato spudoratamente: «Quanto mi fa godere la Cassazione francese…».

Un “assassino” condannato per gli omicidi di un avvocato e di un poliziotto

Un “godimento” esecrabile che sigla l’ennesimo sfregio inferto agli italiani tutti e, ovviamente, in particolare ai familiari delle vittime del terrorismo rosso. Galmozzi, va ricordato, è stato condannato per gli omicidi dell’avvocato ed esponente del Msi, Enrico Pedenovi, ucciso a Milano nel 1976 per vendicare la morte del militante di sinistra Gaetano Amoroso. E per l’assassinio dell’agente di polizia Giuseppe Ciotta, ammazzato a Torino nel 1977. Vite stroncate e finite nel sangue, su cui criminali impenitenti continuano ad infierire, liberamente a spasso per le strade di Parigi…

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