Pd, parola d’ordine «unitarietà». Ma lo scontro tra correnti non si placa, Cencelli alla mano
Parlano di unità, anzi di “unitarietà” per usare il lessico di Elly Schlein, e stanno lì col manuale Cencelli a vedere come spartirsi i posti del nuovo corso. All’indomani dell’incontro tra la neo segretaria e lo sconfitto Stefano Bonaccini, i retroscena rimandano l’immagine di un universo dem molto in fermento sulla costruzione dei nuovi equilibri e non esente da ambizioni personali sul riempimento delle caselle. Perché un conto è proclamare la volontà di mettere in piedi una gestione unitaria, altro conto è farlo lontano dallo spirito da fratelli coltelli che da sempre anima le correnti Pd.
Il braccio di ferro sul ruolo di Bonaccini
Il primo nodo da sciogliere al Nazareno è proprio quello del ruolo di Bonaccini, dal quale poi, si ragiona dalle parti del presidente dell’Emilia Romagna, si dovrà partire per tutto il resto, a cominciare dai presidenti dei gruppi parlamentari. Nell’incontro di ieri, secondo quanto ricostruito dall’agenzia di stampa Adnkronos, si sarebbe manifestata una preferenza di Schlein per Bonaccini vicesegretario. Un ticket, insomma. Dall’area di Bonaccini, però, si lascia intendere una decisa preferenza per la presidenza del partito. Dunque, si parte subito con una divergenza non da poco, che dallo staff della segretaria però si affrettano a negare. Schlein vuole Bonaccini vice e lui preferisce la presidenza? “No, non hanno parlato di ruoli”, è stata la risposta netta data all’Adnkronos.
La presidenza e i gruppi parlamentari: impazza il toto nomine
E, in attesa che si sciolga questo nodo, già si fanno altri nomi per la presidenza del Pd da Pina Picierno, a Graziano Delrio a Dario Nardella. “Non chiedo niente. Devo soltanto dare al mio partito, perché il partito mi ha dato tanto”, ha detto oggi il sindaco di Firenze a Radio 1. Quanto ai gruppi parlamentari, visto che la nomina del presidente è elettiva, gioco forza si dovrà raggiungere un’intesa o, più probabilmente, un compromesso. Tra i due rami del Parlamento, la Camera potrebbe essere lasciata alla minoranza, visto che la stessa Schlein è deputata. E non è escluso che possa restare capogruppo Debora Serracchiani. Ma siamo ancora nel campo delle ipotesi.
La presidenza Schlein rimescola le correnti Pd
Intanto, la vittoria di Schlein provoca effetti anche sugli equilibri interni. Già la battaglia congressuale ha rimescolato le correnti Pd: Areadem di Dario Franceschini si è divisa e non tutti hanno sostenuto Schlein, come Piero Fassino o Pina Picierno, che ha fatto campagna da vice di Bonaccini; anche i Giovani Turchi hanno fatto scelte diverse, per esempio con Chiara Gribaudo che non ha seguito Matteo Orfini, ha sostenuto Schlein e ora potrebbe avere un ruolo di primo piano nelle nuova segreteria; Base Riformista, la componente che fa capo a Lorenzo Guerini e che ha sostenuto in modo pressoché compatto Bonaccini, potrebbe andare verso lo scioglimento. O meglio un superamento dell’area. E magari un suo allargamento ad altre componenti o pezzi di componenti che hanno sostenuto il presidente dell’Emilia Romagna nel congresso.
E lo scioglimento appare un’ipotesi lunare
“La vittoria di Schlein segna una cesura – ha spiegato un big di Base Riformista – sarebbe sbagliato restare fermi e rinunciare a interpretare questa nuova fase. La riflessione è aperta e investe tutti noi”. Orfini da parte sua ha messo agli atti che le correnti Pd, se non diventano “degenerazione del potere”, sono uno stimolo al pluralismo. “In un grande partito se non ci sono le correnti, c’è autoritarismo. Certo, dipende cosa sono le correnti, se sono degenerazione del potere” non va bene, “ma viva il pluralismo”, ha sottolineato. Insomma, emerge un quadro in cui l’ipotesi di uno scioglimento delle correnti, circolata con insistenza nei retroscena di questi giorni e sollecitata anche da Giuseppe Conte, appare ancora piuttosto lontana, mentre appare attualissimo uno scontro appena iniziato. O, meglio, è ripartito con nuove prospettive.