Strage di Cutro, la Procura di Crotone apre un’inchiesta sulla macchina dei soccorsi
E’ stato un tragico errore di valutazione o un intervento ipotizzato troppo tardi? Sono queste alcune delle domande che si stanno facendo gli inquirenti della Procura di Crotone che hanno aperto un fascicolo d’indagine, al momento contro ignoti, sui soccorsi inviati a Cutro, in provincia di Crotone, dove, nella notte fra sabato e domenica, un barcone fatiscente partito dalle coste turche e carico di clandestini – si stima, al momento, che a bordo fossero almeno 180 le persone stipate sottocoperta dagli scafisti turchi e pakistani poi arrestati – è colato a picco, a circa 40 metri dalla riva portando alla morte per affogamento di 67 immigrati.
Ieri sera, ospite della trasmissione Rai “Porta a Porta”, il capo della Comunicazione della Guardia costiera, Cosimo Nicastro, ha rotto il silenzio sul disastro di Cutro e ha detto: “È stata una tragedia non prevedibile alla luce delle informazioni che pervenivano. Gli elementi di cui eravamo a conoscenza noi e la Guardia di Finanza non facevano presupporre che ci fosse una situazione di pericolo per gli occupanti. Non erano arrivate segnalazioni telefoniche né da bordo né dai familiari“.
Quanto alla segnalazione di Frontex “è stata trasmessa all’International coordination center, che è il punto di contatto non per le operazioni di ricerca e soccorso ma per le operazioni di polizia in mare“.
Il comandante Nicastro ha spiegato anche che quando le motovedette della Finanza sono rientrate in porto c’è un contatto via radio tra la Capitaneria di Porto di Reggio Calabria e la Guardia di Finanza. E “non vengono segnalate situazioni critiche che facciano pensare che l’operazione di polizia si stia trasformando in un’operazione di emergenza“. Ma “la Guardia Costiera incomincia ad attivare tutta la sua catena affinché fosse predisposto il dispositivo Sar“.
Il Centro nazionale di coordinamento del soccorso marittimo, l’Imrcc, è stato informato prima da Frontex della presenza del barcone individuato a 40 miglia dalle coste calabresi e poi dalla Guardia di finanza. Ma l’evento Sar, cioè Search and Rescue, ricerca e soccorso, non è stato mai aperto.
La Procura di Crotone vuole vederci chiaro sulla catena della macchina dei soccorsi nella notte tra il sabato e la domenica mattina quando l’imbarcazione con a bordo almeno 180 immigrati è naufragata.
La delega è stata data dal procuratore Giuseppe Capoccia ai carabinieri che stanno raccogliendo del materiale sul ‘buco’ di almeno sei ore, tra le 22.30 di sabato 25 febbraio, quando l’aereo di Frontex ha emesso il dispaccio con cui segnalava la presenza di una imbarcazione nello Ionio.
E ieri, il Comandante della Capitaneria di Porto di Crotone, Vittorio Aloi, parlando con i giornalisti che gli chiedevano se sono stati sentiti dalla Procura crotonese ha replicato: “Saremo sentiti e ci farà piacere chiarire, chiariremo a chi dovere quando ce lo chiederanno”. E alla domanda sul perché non abbiano agito nonostante la segnalazione della sera prima, il sabato 25 febbraio, di una imbarcazione ‘distress‘, cioè in pericolo, nello Ionio, replica: “Non mi risulta che si trattasse di una segnalazione di distress, sapete che le operazioni le conduce la Guardia di finanza finché non diventano comunicazione di Sar (di salvataggio, ndr). Io non ho ricevuto alcuna segnalazione“.
Sul rimpallo di responsabilità, il capitano di vascello dice: “Non posso dire nulla, la Guardia costiera ha fatto un comunicato stampa e c’è scritto tutto e bene e lo capiamo tutti. C’è una inchiesta della Procura che non riguarda noi. Se e quando saremo chiamati a dare la nostra versione atti alla mano, brogliacci etc, noi riferiremo”. E poi ricorda che quel giorno “c’era mare forza 4“. “Le motovedette avrebbero potuto navigare anche con mare forza 8“. Ma oggi c’è stata la svolta con l’apertura del fascicolo della Procura anche sulla macchina dei soccorsi.
La Procura di Crotone sta, appunto, cercando ci capire se quella notte ci siano state delle omissioni di soccorso. Al momento non c’è ancora una ipotesi di reato. Ma i carabinieri stanno raccogliendo alcune informazioni delegando i colleghi di Crotone che indagano su quella notte di tragedia a Cutro.
Secondo la ricostruzione cronologica di quella notte, sono le 22.30 quando un aereo Frontex, l’Agenzia europea della Guardia di frontiera e costiera, segnala la presenza di un barcone a 40 miglia dalle coste crotonesi e indica le coordinate.
Frontex fa anche sapere che a bordo c’è un telefono cellulare turco. Dunque, è ipotizzabile che si tratti di una imbarcazione di immigrati.
Poco dopo la mezzanotte partono due mezzi della Guardia di Finanza, la V5006 da Crotone e il pattugliatore Barabrese da Taranto. Ma il mare è troppo agitato, forza 5 a tratti forza 6, e le motovedette delle Fiamme gialle rientrano.
Le loro imbarcazioni non sono destinate ai salvataggi, ma da ‘intercettazione’, dunque non sono equipaggiate adeguatament.
Verso le due un nuovo tentativo, anche questa vano. Mentre fino a quel momento le motovedette della Guardia costiera rimangono in porto.
Alle 4.10 arriva al 112 una telefonata da un numero internazionale, in inglese. La chiamata, presa dal vicebrigadiere Lorenzo Nicoletta, arriva dalla imbarcazione che si trova a meno di centro metri dalla costa di Steccato di Cutro , in provincia di Crotone.
Sul posto arrivano i carabinieri del Nucleo Radiomobile, capiscono immediatamente la gravità del fatto. Il vicebrigadiere Gianrocco Tievoli e il carabiniere Gioacchino Fazio si gettano in acqua in divisa e riescono a salvare cinque immigrati. Ma davanti ai loro occhi ci sono corpi ovunque. Anche di un neonato di sei mesi. “L’ho preso in braccio sperando che fosse ancora vivo”, dice Tievoli con un filo di voce. Invece il piccolo era già morto. Come la coppia di gemellini. E tante altre vittime innocenti del business dell’immigrazione, tra cui un bimbo siriano di sei anni morto per ipotermia mentre il fratello ventenne si è salvato e ora è sotto choc. Adesso sarà la Procura a fare luce su quanto successo quella notte davanti alla costa di Cutro.